Milano, 7 set. (AdnKronos Salute) - Usano la pelle come una tela per scrivere, dipingere ed esprimere sentimenti. Oppure ricorrono ai disegni per correggere inestetismi, difetti o esiti di interventi chirurgici. Gli italiani tatuati sono un esercito sempre più grande che conta quasi 7 milioni di persone, circa il 13% della popolazione (12,8%). I tattoo sono più diffusi fra le donne (13,8%) che tra gli uomini (11,7%). E se nella maggior parte dei casi il primo tatuaggio viene fatto a 25 anni, i più 'decorati' sono i connazionali dai 35 ai 44 anni (29,9%); circa 1,5 milioni hanno 25-34 anni, e quasi 8 su 100 (7,7%) sono minorenni. A scattare la prima fotografia l'Istituto superiore di sanità, in un'indagine condotta in collaborazione con IPR marketing su un campione di circa 8 mila persone, rappresentativo della popolazione italiana dai 12 anni in su.
"Si tratta di un fenomeno in crescita che va osservato con attenzione per le sue ricadute sanitarie - afferma il presidente dell'Iss, Walter Ricciardi - E' importante studiarlo nel suo complesso cercando di comprendere anche chi è la popolazione che si rivolge ai tatuatori, per contribuire più efficacemente alla formulazione di una normativa specifica sulla sicurezza dei tatuaggi alla quale siamo stati inoltre chiamati a collaborare in sede europea".
Se per la maggior parte degli italiani che ricorrono ad aghi e inchiostri il tattoo è una forma di body-art - emerge dai dati elaborati dall'Ondico (Organismo notificato dispositivi e cosmetici) dell'Iss - lo 0,5% ha fatto un tatuaggio con finalità mediche (ad esempio la ricostruzione di areola e capezzolo dopo un'asportazione del seno, il camouflage di cicatrici, la colorazione di zone colpite da vitiligine o alopecia), e il 3% per finalità estetiche (il cosiddetto trucco permanente).
La maggior parte degli italiani tatuati si dice soddisfatta del risultato (il 92,2%). Tuttavia una percentuale elevata, pari al 17,2%, ha dichiarato di voler rimuovere il tatuaggio e il 4,3% dei 'pentiti' lo ha già cancellato.
Gli uomini preferiscono tatuarsi braccia, spalla e gambe, mentre le donne soprattutto schiena, piedi e caviglie, risulta ancora dall'istantanea dell'Iss. Un tatuato su 4 (25,1%) risiede al Nord Italia, il 30,7% ha una laurea e il 63,1% lavora. Il 76,1% si è rivolto a un centro specializzato di tatuaggi e il 9,1% a un centro estetico, ma il 13,4% lo ha fatto al di fuori delle strutture autorizzate e "ciò può costituire una rilevante fonte di rischio", avverte l'Iss.
"Capire chi si tatua e dove, come lo fa e con quale consapevolezza, tracciare una sorta di demografia del tatuaggio - spiega Alberto Renzoni, esperto dell'Iss che ha coordinato l'indagine - significa comprendere meglio le criticità connesse a questa pratica e di quali regole ci sia bisogno perché sia effettuata in piena sicurezza.
Il 22% di chi si è rivolto a un centro, non ha firmato il consenso informato. E' invece necessario non solo firmarlo, ma anche che nel farlo ci sia un reale consenso e una reale informazione, considerato inoltre che una fetta consistente delle persone tatuate è rappresentata da minori che potrebbero farlo solo con il consenso dei genitori".
"Il tatuaggio non è una camicia che si indossa e si leva - ammonisce Renzoni - E' l'introduzione intradermica di pigmenti che entrano a contatto con il nostro organismo per sempre e con esso interagiscono; possono comportare rischi e, non raramente, anche reazioni avverse. Per questo è fondamentale rivolgersi a centri autorizzati dalle autorità locali, con tatuatori formati che rispettino quanto prescritto dalle circolari del ministero della Salute".
Secondo i risultati dell'indagine, infatti, il 3,3% dei tatuati dichiara di aver avuto complicanze o reazioni: dolore, granulomi, ispessimento della pelle, reazioni allergiche, infezioni e pus. "Ma il dato appare sottostimato", precisa l'Iss.
In tutti questi casi solo il 12,1% si è rivolto a un dermatologo o al medico di famiglia (9,2%); il 27,4% si è rivolto al proprio tatuatore, ma più della metà (51,3%) non ha consultato nessuno.