Prima di entrare in sala operatoria i chirurghi si lavano le mani, le unghie e gli avambracci meticolosamente con detergenti, cioè saponi, contenenti disinfettanti. Ogni ospedale adotta accorgimenti che ritiene utili per migliorare la pulizia finale, ma il procedimento di base è fissato da norme precise.
Le regole del gioco. Il chirurgo deve dedicare al lavaggio almeno due minuti per mano; dopo non deve toccare più nulla che non sia sterile, cioè completamente privo di microrganismi; deve recarsi nell’antisala operatoria con le braccia piegate a 90 gradi verso l’alto a livello del gomito, in modo che eventuali gocce con residui di sporco non scivolino sulle mani. A questo punto indossa i guanti di lattice sterili che verranno cambiati anche 3 o 4 volte nell’arco di due ore.
In cerca di batteri. In alcuni ospedali l’efficacia della procedura è controllata periodicamente dal laboratorio, il quale esamina la quantità e il tipo di batteri che restano sulle mani dopo il lavaggio. Lo scopo del procedimento, infatti, è di ottenere una buona disinfezione e pulizia, ma non la sterilità, perché non esistono metodi di sterilizzazione completa che siano applicabili alla pelle senza danneggiarla.