Salute

Come si fa a diventare centenari?

Un gene che impedisce alle cellule danneggiate di suicidarsi sembra essere la chiave per invecchiare sani e diventare (ultra)centenari.

In Italia, la speranza di vita alla nascita nel 2021 era di 82,4 anni: vi sono però pochi fortunati che non solo superano questa cifra, ma arrivano a spegnere addirittura cento candeline. Secondo quanto riporta l'Istat, gli italiani ultracentenari a inizio 2022 erano oltre ventimila, un record storico: ma cos'è che stabilisce chi raggiungerà il secolo di età? Basta fare attività fisica e mangiare sano, o serve qualcos'altro? Secondo uno studio pubblicato su The Journals of Gerontology, non basta essere sani per vivere a lungo: il segreto sembra essere la presenza abbondante di un gene che previene la morte cellulare programmata, che rallenterebbe l'invecchiamento e permetterebbe ai fortunati di arrivare sani ai cento anni.

Centenari e geni. Per arrivare a queste conclusioni, i ricercatori hanno reclutato tre gruppi di volontari: il primo composto da 88 persone tra i 65 e gli 80 anni, con genitori vivi di oltre 97 anni, il secondo composto da 63 centenari e il terzo da 88 volontari non discendenti da centenari. Dagli studi è emerso che i figli dei (quasi) centenari erano molto meno fragili rispetto ai coetanei senza parenti così anziani, e che i geni delle persone vicine ai 100 anni e dei discendenti di altri centenari erano molto simili. Esiste dunque una predisposizione genetica all'invecchiare bene (e tanto)?

Uno dei segreti dell'eterna giovinezza sembra essere l'allungamento dei telomeri, piccole porzioni di DNA che si trovano alla fine di ogni cromosoma e hanno il compito di proteggerlo (per approfondire). © Shutterstock

Cellule stoiche. La risposta è sì, o almeno così sembra: dalle analisi genetiche è emerso che i centenari e i discendenti di centenari hanno una maggiore quantità del gene Bcl-xL (dall'inglese B-cell lymphoma-extra large), che previene la morte cellulare programmata, o apoptosi. Le nostre cellule sono programmate per suicidarsi quando vengono danneggiate, per evitare che il danno si diffonda nell'organismo. Questo gene fa sì che una cellula, prima di morire, resista un po' di più, e che l'organo nel quale si trova invecchi più lentamente e mantenga più a lungo le proprie funzionalità.

Sembra inoltre che le proteine prodotte dal gene Bcl-xl prevengano la fragilità: «L'abbiamo visto nelle sperimentazioni condotte su vermi e mosche, e ora lo stiamo studiando anche nei topi», spiega alla rivista spagnola El Confidencial Consuelo Borrás, una degli autori dello studio sugli ultracentenari.

anziana con mascherina
Ultracentenari e covid. Diversamente da quanto si potrebbe pensare, tra l’era pre e post covid, la popolazione italiana di 90 anni e più e di 100 anni e più, è quella cresciuta maggiormente, come se questi individui, ritenuti soggetti fragili e pertanto a grosso rischio di complicanze dopo un contagio, possedessero una maggiore immunità alla Covid-19. O anche, cosa da non sottovalutare, il fatto che tali soggetti siano stati tra i primi ad essere stati vaccinati può aver rappresentato per loro un sicuro ombrello protettivo (fonte: ISTAT). © Rido | Shutterstock

La fortuna fa la sua parte. Insomma, pare proprio che per quanto ci sforziamo di avere abitudine sane, se i nostri geni non collaborano sarà difficile soffiare su cento candeline: «I geni giocano un ruolo importante», sottolinea Borrás.

«Ci sono persone che hanno condotto una vita per nulla sana, ma arrivano lo stesso ai cento anni di età». Quel che è chiaro agli studiosi è che l'obiettivo della ricerca non è solo far sì che le persone vivano sempre più a lungo, ma che vivano sempre più a lungo in salute, giocando nel modo migliore le carte date dalla vita.

12 luglio 2022 Chiara Guzzonato
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