Siamo nel mezzo di una delle peggiori epidemie di colera degli ultimi anni: con 29 Paesi coinvolti − tra cui Haiti, Malawi e Siria − la malattia corre veloce, e in alcune zone i contagi hanno toccato picchi senza precedenti. Il colera è un'infezione diarroica emersa nel delta del Gange nel XIX secolo e causata dal batterio Vibrio cholerae: nei casi più gravi può portare alla morte per disidratazione.
«Non è accettabile che nel XXI secolo si muoia ancora di una malattia ben conosciuta e facile da curare», commenta Philippe Barboza dell'Oms. Il problema è acuito dalla scarsità di vaccini: una delle uniche due aziende produttrici al mondo, la Shantha Biotechnics, ha annunciato lo scorso ottobre che cesserà la fornitura entro la fine del 2023, e da allora l'Oms si è vista costretta a ridurre a una sola dose la somministrazione, che normalmente ne prevede due.
Il caso del Malawi. La mossa dell'Oms non è bastata, e il batterio ha continuato a diffondersi: a inizio 2023 il Malawi ha dovuto ritardare la riapertura delle scuole in due città meridionali per cercare di fermare i contagi, che da marzo 2022 sono saliti a quasi 18.000 e hanno provocato circa 600 morti (una cifra sei volte superiore al normale), raggiungendo un tasso di mortalità del 3,34%.
Soluzioni a breve e lungo termine. Se a lungo termine la soluzione è migliorare la situazione sanitaria e igienica di questi Paesi, investendo anche in infrastrutture idriche, a breve termine i contagi possono essere frenati solo dai vaccini: due dosi del vaccino orale attualmente in uso forniscono una protezione del 65% contro le forme gravi della malattia per tre anni. Ma perché nessuno vuole produrlo?
domanda incerta. Convincere le aziende farmaceutiche (che guardano prima di tutto ai propri interessi) a produrre vaccini per i Paesi più poveri è complesso: prezzi bassi e domanda incerta li rendono poco attraenti rispetto, ad esempio, a quello anticovid, per i quali i Paesi ricchi sono disposti a pagare molto.
Per risolvere il problema dell'incertezza della domanda, gli esperti propongono che i Paesi dove il colera è endemico lavorino con l'Oms per stimare il numero di vaccini necessario sulla base di dati pluriannuali, consentendo così alle aziende di produrre con più precisione e certezza le quantità corrette. Un altro passo per spingere più aziende a vendere vaccini anticolera è abbassare i costi di produzione: attualmente il vaccino contiene cinque ceppi del batterio Vibrio cholerae, ma forse basterebbe una versione più semplice, magari bivalente, per garantire un'immunità simile.
A mali estremi, estremi rimedi. Un ultimo passo, vista l'emergenza, potrebbe essere consentire l'uso di vaccini non approvati dall'Oms: in Cina, Vietnam e Bangladesh esistono diverse aziende che producono vaccini anticolera, ma o sono troppo costosi o non hanno ricevuto l'approvazione dell'Organizzazione.
Secondo Ryan, i Paesi dove l'infezione è endemica potrebbero considerare l'idea di utilizzare questi vaccini a prescindere dall'approvazione dell'Oms, stipulando accordi indipendenti con le aziende produttrici.