Milano, 5 lug. (AdnKronos Salute) - Vent'anni fa, il 5 luglio del 1996, nei laboratori scozzesi del Roslin Institute nei pressi di Edimburgo nasceva la pecora Dolly, il primo mammifero clonato del mondo. Per arrivare al traguardo, annunciato nel febbraio del 1997 sulla rivista 'Nature' da un team coordinato dagli scienziati Ian Wilmut e Keith Campbell, ci vollero 277 tentativi e una lunga storia di controversi esperimenti iniziati sulle rane intorno alla metà del '900.
Dolly, che aprì la strada alla creazione di un affollato zoo di animali fotocopia - fra i più noti il toro Galileo e la cavalla Prometea, 'dati alla luce' dall'italiano Cesare Galli - fu soppressa il 14 febbraio del 2003, poco prima di compiere 7 anni, per le complicazioni di un'infezione polmonare. I suoi resti impagliati vennero esposti Royal Museum di Edimburgo.
La tecnica che produsse Dolly consiste nel prelevare da un animale adulto donatore una cellula somatica, per esempio della pelle, il cui materiale genetico viene estratto e trasferito in una cellula uovo non fecondata, precedentemente svuotata del suo Dna. Successivamente, attraverso una scarica elettrica o un impulso chimico, l'ovulo diventa embrione: il punto di partenza per ottenere una creatura identica all'originale.
Fra gli obiettivi che mossero i pionieri della clonazione animale c'erano prospettive commerciali, agro-alimentari, ma soprattutto scientifiche: dagli xenotrapianti (ottenere organi animali da impiantare sull'uomo) alla clonazione terapeutica (ricavare linee cellulari embrionali umane utili alla produzione di 'pezzi di ricambio' contro alcune malattie), fino al cosiddetto 'pharming' (clonare animali che possano diventare 'fabbriche' di medicamenti). Obiettivi ambiziosi che in gran parte restano tali. Ma la nascita di Dolly, 20 anni fa, cambiò per sempre la scienza.