Salute

Parlare al chiuso senza mascherina è l'attività più a rischio covid

Il coronavirus della covid rimane nell'aria più a lungo quando viaggia nelle goccioline emesse parlando in luoghi non ventilati e senza mascherina.

Possiamo continuare a disinfettare ossessivamente le superfici, fingendo di avere risolto il problema; oppure, possiamo sfruttare questo tempo di tregua dovuto ai vaccini e alla bella stagione per migliorare la ventilazione negli spazi chiusi. Il coronavirus SARS-CoV-2 è - ormai dovremmo averlo imparato - un patogeno a trasmissione aerea, e il suo mezzo di trasporto preferito sono le goccioline esalate quando parliamo.
 
Parlare senza mascherina nei luoghi chiusi poco ventilati è il modo migliore per trasmettere o contrarre la CoViD-19: lo conferma una revisione di tutti gli studi fin qui pubblicati sul tema, che è arrivata a questa conclusione dopo aver messo a confronto il rischio costituito da attività come conversare, respirare, tossire e starnutire, cantare.

Dal meno al più pericoloso. Tutti gli aerosol respiratori iniziano il loro "viaggio" come più spessi droplets, goccioline la cui componente liquida evapora in breve tempo quasi completamente. La capacità della parte gassosa residua di rimanere sospesa nell'aria dipende dalle dimensioni iniziali delle goccioline emesse: anche se i droplets più spessi, sputacchiati per esempio quando calchiamo una "P", possono trasportare più particelle virali, sono però prodotti in minori quantità, e ricadono al suolo rapidamente, ponendo un rischio basso di trasmissione.

Preoccupano di più i fini aerosol capaci di discendere in profondità nelle vie respiratorie inferiori, e di causare, da lì, la covid in forma grave. Dato il loro ridotto volume, la quantità di virus che possono trasportare è limitata: ma negli ambienti chiusi e affollati, con una ventilazione inadeguata, possono comunque accumularsi e aumentare il rischio di contagio.

Tra questi due estremi c'è la porzione più significativa di aerosol emesso quando parliamo: quello di dimensione intermedia, capace di rimanere sospeso dal suolo per diversi minuti e di essere trasportato dalla parte opposta della stanza dal ricircolo interno dell'aria. L'abbondanza di queste particelle, combinata all'alta carica virale di certe persone positive e pre-sintomatiche, rende parlare al chiuso in assoluto la via di trasmissione privilegiata della covid. Questa attività mette insieme infatti una serie di condizioni concomitanti e sfortunate, come le giuste dimensioni e l'abbondanza delle goccioline, la frequenza della loro emissione e la loro permanenza nell'aria.

Che cosa resta da fare. Oltre a completare la campagna vaccinale, scrivono gli scienziati, dovremmo enfatizzare l'importanza di usare mascherine quando parliamo al chiuso (per esempio, se parliamo mentre altri mangiano, e necessariamente sono senza protezioni); occorre inoltre assicurare misure di aerazione in grado di far uscire dalla stanza gli aerosol stagnanti.

Infine un utile promemoria: le mascherine non saranno perfette, ma se - ricordano i ricercatori - quella di un individuo positivo e ignaro di esserlo lasciasse anche passare il 25% di droplets respiratori, il rischio di inalare il virus in chi gli è vicino sarebbe comunque ridotto di quattro volte. E quando anche le persone esposte al virus indossano una mascherina con un'efficienza filtrante in entrata del 50%, la probabilità di infezione è ridotta di 8 volte rispetto a un dialogo senza mascherine. Se tutti facessero la loro parte, la diffusione della covid sarebbe definitivamente abbattuta.

12 giugno 2021 Elisabetta Intini
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