Vaccino è la parola magica nella quale riponiamo ogni speranza di riprendere le antiche abitudini pre-covid. Già, ma quante e soprattutto quali aspettative riporre, nella possibilità di immunizzarci contro l'infezione da coronavirus? Detto fuori dai denti: il vaccino estinguerà subito la pandemia? E in presenza di un vaccino, potremo finalmente riporre le mascherine nel cassetto? Almeno per i primi tempi, la risposta a entrambe le domande è probabilmente no: vediamo perché.
Che cosa arriverà? Partiamo dalle buone notizie: con almeno 27 vaccini entrati nella fase di test sull'uomo e sei che hanno già raggiunto i trial di fase 3 (quelli, cioè, estesi a decine di migliaia di persone esposte al contagio), c'è ragione di credere che un vaccino efficace contro la CoViD-19 prima o poi ci sarà. Meno realistico è pensare che questo vaccino, a prescindere dalla sua tipologia, possa garantire quella che gli esperti chiamano immunità sterilizzante, ossia la completa rimozione del virus SARS-CoV-2. Che siano fatti di virus inattivati o indeboliti, di proteine virali o di RNA messaggero che codifica per un frammento di virus, i vaccini attivano il sistema immunitario senza scatenare l'infezione. Essere vaccinati è un po' come aver contratto la malattia una volta, ma senza aver esposto l'organismo alle sue conseguenze.
Sull'immunità sviluppata in seguito all'infezione (o alla vaccinazione) rimangono molti dubbi: non è chiaro quanto duri né se sia possibile contrarre l'infezione una seconda volta. Inoltre, i vaccini sono tipicamente somministrati con un'iniezione intramuscolare: una volta che il corpo ha riconosciuto il segnale di una presunta "invasione" mette in campo difese immunitarie che circolano nel sangue. Tuttavia, i virus respiratori attaccano le mucose di naso e gola, dove gli anticorpi indotti arrivano in minori quantità. Ecco perché è ragionevole aspettarsi che il futuro vaccino non possa impedire al coronavirus SARS-CoV-2 di infettare le alte vie respiratorie. Potrebbe però proteggere le vie respiratorie profonde, come i polmoni, scongiurando così i casi più gravi della malattia e le morti: sarebbe già moltissimo, ed è in questo che sperano i ricercatori di tutto il mondo.
Un primo colpo al virus. La prima generazione di vaccini anti covid avrà perciò lo scopo primario e indispensabile di scongiurare il maggior numero possibile di decessi (che finora sono stati almeno 665.000 in tutto il mondo): possiamo cioè aspettarci che ammansisca la malattia prevenendo le sue complicazioni più gravi, pur non arrestando la sua diffusione.
Come spiega un articolo su The Atlantic, sarà più vicino a un vaccino antinfluenzale che a un vaccino antipolio: lo faremo per aumentare la protezione e proteggerci dalle conseguenze gravi della malattia ma non - almeno all'inizio - per dimenticarci della covid una volta per tutte. Anche la Food and Drug Administration americana ha stabilito che per essere approvato, un vaccino dovrà prevenire o ridurre i sintomi gravi almeno nel 50% (e non nel 100%) delle persone a cui sarà somministrato. Se vi sembra poco, provate a pensare all'effetto che farebbe in Paesi in cui la pandemia è ora in piena espansione, come Stati Uniti, India, Messico, Brasile.
un aspetto poco considerato. Senza occuparci della necessaria lunga durata dei test di fase 3 e dei problemi di distribuzione (ne abbiamo parlato qui e qui), vale però la pena riflettere su un passaggio forse meno nobile ma non meno importante della catena di produzione necessaria a somministrare fisicamente il vaccino a chi ne ha necessità. Spiega l'Atlantic che nel 2009, quando il mondo si mobilitò per produrre un vaccino contro il sottotipo H1N1 del virus dell'influenza A, allora pandemico, nonostante i molti anni di esperienza nella manifattura dei vaccini, le case farmaceutiche incontrarono due scogli importanti. Il primo fu la resistenza del virus a moltiplicarsi nelle uova - il sistema utilizzato per fabbricare i vaccini - il secondo fu che quando finalmente fu pronto il primo milione di dosi, non c'erano abbastanza stabilimenti in grado di produrre le fiale per contenere il vaccino. Se questo aspetto non sarà correttamente pianificato, potremmo affrontare il deprimente scenario di avere finalmente un vaccino, ma non sapere come farlo arrivare ai pazienti.
addio covid (con calma). Anche la comunicazione sarà un aspetto da gestire con attenzione: il fatto che all'inizio, difficilmente disporremo di una bacchetta magica per cancellare l'epidemia e ritornare come se nulla fosse alla vita di prima potrebbe rafforzare i messaggi dei no-vax e rendere la prospettiva di un'immunità di gregge un'utopia. Se oltre a vaccinarci, continueremo a utilizzare le mascherine, non solo impediremo al virus di fare danni gravi, ma gli renderemo ancora più difficile circolare, abbattendo notevolmente la curva pandemica. Dovremo insomma usare tutte le armi in nostro possesso, consapevoli del fatto che - diversamente da altri virus dal comportamento eccezionale, come quello dell'HIV - prima poi il SARS-CoV-2 scomparirà.
Ma non subito.