La balbuzie è caratterizzata da involontarie interruzioni nel fluire del discorso che costringono a ripetere o allungare suoni, sillabe o parole. Fra i 2 e i 6 anni di età, cioè negli anni dell'infanzia dedicati all'apprendimento del linguaggio, il disturbo è molto diffuso: affligge un bimbo su 20. I maschi hanno un rischio maggiore di contrarlo e di continuare a balbettare fino all'età adulta. La balbuzie può rendere difficile la comunicazione con gli altri, e spesso danneggia la qualità della vita del balbuziente.
A volte, lo sforzo di parlare può provocare contrazione dei muscoli del viso, o far comparire tic come un rapido batter di ciglia o tremori delle labbra. Ma c'è una buona notizia: fra gli adulti questo disturbo è abbastanza raro, colpisce circa un individuo su 100 e questo significa che in quattro casi su 5 si risolve da solo, o con l'aiuto del logopedista. È vero, non siamo in grado di predire chi conquisterà un eloquio fluente, ma sappiamo che la balbuzie è legata alle circostanze: parlare a una platea o al telefono può aggravarla, mentre cantare, cantilenare e leggere o parlare in un ambiente rumoroso che impedisce di udire la propria voce sembra ridurre le difficoltà. terapie storiche.
Nel film Il discorso del re del 2010 (sulla storia di re Giorgio VI) si attribuisce la balbuzie a cause psicologiche, oggi molto ridimensionate. Ma nella storia della balbuzie non mancano le teorie strampalate.
Secondo l'Esodo della Bibbia, anche Mosè era balbuziente, tanto che Dio gli suggerisce di avvalersi del primo portavoce della storia, il fratello Aronne (escamotage ancora in voga al giorno d'oggi per molti balbuzienti).
Era balbuziente Cicerone, oratore latino che a sua volta definisce Demostene, oratore greco, balbus (balbuziente). Di quest'ultimo, il filosofo greco Plutarco narra però la guarigione grazie agli esercizi consigliati dall'attore Satiro. Non conosciamo faraoni balbuzienti, ma gli antichi egizi avevano un geroglifico che descriveva la sillaba o la parola ripetuta due volte. Balbettavano il filosofo Aristotele, il poeta Virgilio, il favolista Esopo, Giulio Cesare e l'imperatore Claudio.
Tra gli scienziati spicca Isaac Newton e tra gli scrittori Alessandro Manzoni. In Inghilterra, all'epoca dell'ultima guerra, tartagliavano sia il primo ministro, Winston Churchill, sia il re Giorgio VI, come narrato nel film Il discorso del re. Più di recente, Marilyn Monroe per combattere la sua balbuzie rese la sua parlata sensuale, aspirando quelle insidiose parole. E il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden.
C'è poi Porky Pig, il maialino dei Looney Toones: chi ha creato il personaggio, conosce bene la mente di un balbuziente. "Sono le sei e quarantacin, le sei e quarantacin, le sei e quarantacin… le sette meno un quarto", dice Porky Pig mettendo in pratica una classica manovra elusiva dei balbuzienti.
Infine anche Cartesio era balbuziente. Strano che proprio a lui sia sfuggito che cogito ergo sum, privato di loquor, sia un grosso problema.
Vecchie teorie e nuove certezze. Nel II secolo, Galeno l'attribuiva alla secchezza della lingua, e per risolverla proponeva uno straccio imbevuto di succo di lattuga attorno a essa. Per Bacone, invece, tra XVI e XVII secolo, la causa era la rigidezza della lingua e per scioglierla consigliava… il vino. Nel periodo vittoriano non si andava per il sottile: si ricorreva al bisturi. E nel XX secolo si diede la colpa a negligenze genitoriali e/o a desideri insoddisfatti durante la fase in cui i bimbi mettono tutto in bocca: in entrambe le ipotesi, la soluzione era sul lettino dello psicanalista.
Finché pochi anni fa Luc De Nil, dell'Università di Toronto, studiando il cervello dei balbuzienti attraverso la diagnostica per immagini, cioè con la Pet (tomografia a emissione di positroni) e la fMRI (risonanza magnetica funzionale), documentò che nel cervello dei balbuzienti certe aree dove si produce il linguaggio sono più attive del normale, mentre altre aree dove invece si percepiscono i suoni lo sono meno.
Nel 2011, a una riunione dell'Associazione americana per il progresso delle scienze, De Nil affermò: «A chi balbetta risulta difficile compiere tutti i movimenti che servono a produrre un linguaggio fluente. Non fatica a sviluppare vocaboli o sintassi, anche se forse elabora il linguaggio in modo diverso. Ha difficoltà però a coordinare in modo efficiente il movimento (della lingua, dell'ugola, delle labbra ecc., vedi infografica della prossima pagina); il linguaggio richiede il controllo fine di abilità motorie in modo estremamente veloce e sincronizzato».
Chi non ha disturbi del linguaggio la fa facile, ma parlare è faccenda assai complessa. Oltre alla precisione dei movimenti, serve la coordinazione precisa di varie aree cerebrali; non solo quelle del linguaggio, ma anche dell'udito, della pianificazione, delle emozioni e della respirazione.
Abbiamo chiesto alla geologa Laura Gulia, che soffre di balbuzie e per Focus ha scritto un articolo in cui racconta la sua esperienza di balbuziente (vedi sopra), di intervistare la sua tutor, Anna Toraldo, psicologa per il Centro Medico Vivavoce di Milano, che le ha permesso di superare questo disturbo in età avanzata. «La balbuzie è molto di più rispetto al solo disturbo linguistico o a una difficoltà esclusivamente di natura psico-emotiva» spiega Toraldo, «è un fenomeno cognitivo complesso, che impatta su più sfere della persona, toccando aspetti motori, verbali, emotivi e anche comportamentali. Sul piano verbale la balbuzie può manifestarsi non solo con il classico tartagliare, il prolungamento del suono, il blocco nella voce, di cui ci si può accorgere facilmente, ma anche con l'utilizzo di sinonimi, intercalari, giri di parole per esprimere un concetto immediato, così come pause durante le quali prendere tempo e fingere di pensare a cosa dire».
Esistono altri "sintomi" nascosti?
Oltre alle manifestazioni verbali c'è anche un aspetto che proprio non si vede della balbuzie, ovvero le manifestazioni non verbali e, in particolare, le "non azioni" cioè il sottrarsi dal fare qualcosa. Chi balbetta spesso decide di non andare al bar a bere il caffè perché implicherebbe ordinarlo davanti al cameriere – rischiando di bloccarsi o rimanere in silenzio - o di non tendere la mano ad uno sconosciuto perché implicherebbe dirgli il proprio nome che inizia magari proprio con quella lettera ostica da pronunciare; di non iscriversi all'università perché implicherebbe sostenere esami orali e discutere in pubblico la tesi di laurea.
La balbuzie, infatti, può arrivare a coinvolgere l'intera vita di una persona arrivando a condizionarne le scelte, i pensieri, le emozioni e i comportamenti: spesso chi balbetta tende a procrastinare, rinunciare o delegare in determinati contesti di vita per paura di essere giudicato per il modo in cui parla.
Cosa accade nel cervello di un balbuziente?
Spesso si pensa, erroneamente, che la balbuzie dipenda dall'ansia, e che colpisca le persone più introverse, ansiose ed emotive. Fattori quali ansia e stress possono sicuramente andare ad incidere sulla balbuzie, in quanto possono aggravarne le manifestazioni, ma non possono essere considerati la causa di questa fatica, altrimenti tutti balbetteremmo in ogni situazione di stress.
In realtà per comprendere davvero ed intervenire su questa fatica dobbiamo andare più in profondità, a livello neurologico, in quanto la balbuzie coinvolge aspetti sensoriali e motori legati alla programmazione e alla produzione del linguaggio ed è correlata a specifiche attivazioni psico-fisiologiche. Recenti studi evidenziano altresì un coinvolgimento del sistema dopaminergico, cioè della dopamina, un neurotrasmettitore che presiede anche al controllo motorio, compreso quello necessario a pronunciare le parole. Circa l'88% dei bambini con balbuzie ha una regressione spontanea entro il sesto anno di vita e ciò sarebbe riconducibile all'avvenuto sviluppo dei meccanismi neurali che sottostanno il controllo motorio oppure a dei meccanismi di compenso che un cervello in crescita mette in atto per ovviare ai deficit.
Esistono tecniche per superare la balbuzie?
Storicamente, quando parliamo di balbuzie la associamo a un disturbo puramente del linguaggio o a una difficoltà di natura psico-emotiva. In questo caso, gli interventi clinici sono mirati ad aspetti fisiologici legati alla respirazione e alla produzione del suono o ad aspetti di natura psicologica legati alla gestione dell'ansia e alla regolazione delle emozioni. In realtà, con la balbuzie siamo di fronte a un fenomeno molto complesso e dinamico, che non tocca solo un aspetto della persona, ma la coinvolge nella sua totalità.
Per una riabilitazione di successo e a lungo termine della balbuzie è necessario un approccio a 360 gradi sulla persona, intervenendo sui vari livelli di questa fatica in modo mirato e personalizzato per ognuno.
In particolare, il metodo riabilitativo Muscarà Rehabilitation Method for Stuttering (MRM-S) adottato da Vivavoce si basa sul riprendere il controllo della propria voce con un lavoro multidisciplinare su: motricità, propriocezione sensoriale, comportamento, cognizione ed emotività.
Il paziente infatti apprende dapprima a conoscere e controllare gli schemi motori (respiratori, fonatori ed articolatori) sottostanti la produzione verbale attraverso il supporto del Clinico e con la specifica tecnologia di Vivavoce, per poi essere guidato a sperimentare tale controllo in contesti di vita quotidiana e in situazioni stressanti. L'esperienza ripetuta di successo nella comunicazione farà sì che progressivamente anche il condizionamento della balbuzie e il suo impatto sulla qualità di vita vada sempre più a ridursi, facendo così esperienza di libertà e sicurezza nelle interazioni quotidiane.
Superare la balbuzie non è però solo una questione di "perfezione estetica" e di non avere più ripetizioni o piccole incertezze nell'eloquio, ma è raggiungere la libertà, è riuscire ad eliminare pian piano quel filtro, quel condizionamento, che la balbuzie frappone tra una persona e il mondo esterno e che ne limita la quotidianità.
Qual è l'età media dei balbuzienti che iniziano un percorso con voi?
L'età media degli allievi è di circa 20 anni. Il più piccolo che ho seguito ha 6 anni, il più grande 83.
Nella mia esperienza con voi, anche io soffro di balbuzie e l'ho superata grazie al vostro aiuto, mi è parso di essere sempre la più "grande": crede che, superata una certa età, i balbuzienti, in certo senso, si arrendano?
No, non credo si arrendano. Penso sia più una questione di organizzazione, di equilibrio.
Aumentata l'età aumentano anche i fattori contingenti che possono pesare sulla decisione di intraprendere un percorso impegnativo come quello di riabilitazione della balbuzie. Ad esempio, un ragazzo di venti anni deve "solo" organizzarsi con lezioni, esami, o al massimo un lavoretto part-time; mentre un adulto deve far coincidere le esigenze della famiglia, un lavoro più strutturato, quindi fattori più determinanti. Penso possa essere anche una questione di priorità, per cui un adulto può dare priorità alle necessità di un figlio più che alle proprie. Poi può subentrare anche il fattore abitudine e per esempio pensare "chissà se riuscirò anche io a non balbettare più". Quindi non credo sia questione di resa, forse più di percorso di vita.
C'è un caso specifico, un paziente che l'ha colpita in modo particolare?
Più che il singolo, a colpirmi è quella sensazione di appagamento, gioia ed anche emozione che mi prende quando mi sento dire che non è più una fatica fare una telefonata, chiedere un'informazione o ordinare un caffè al bar. Una frase che ultimamente mi è stata detta da un ragazzino di 10 anni e che mi ha colpito molto è stata: "Ho letto in classe e sono stato molto bravo, ci sono riuscito benissimo, ero così contento che mi veniva da piangere. È stato il giorno più bello della mia vita!". Un bel giorno anche per me.