Il cancro sa nascondersi bene: le cellule tumorali sono maestre indiscusse dell'arte del mimetismo, e sfruttano astuti meccanismi molecolari per non essere riconosciute dal sistema immunitario. Ora però un nuovo studio suggerisce che si possa scalfire questo loro super potere e privarle del "mantello dell'invisibilità". Un team internazionale guidato dagli scienziati dell'Università di Lund, in Svezia, ha scoperto che è possibile obbligare le cellule cancerose a rivelare la loro presenza e cooperare alla loro stessa fine. La ricerca è stata pubblicata su Science Immunology.
Un approccio originale. Le cellule tumorali riescono a ridurre l'attività delle molecole che si occupano di presentare l'antigene (la molecola in grado di essere riconosciuta dal sistema immunitario) sulla loro superficie, riuscendo così ad evitare di essere trovate dalle cellule immunitarie. Finora per risolvere questo problema gli scienziati si erano concentrati sul rendere il sistema immunitario più abile nel riconoscere le cellule malate. La nuova ricerca ha cercato di cambiare direttamente le cellule tumorali.
Colpiteci: siamo qui! I ricercatori guidati da Olga Zimmermannova, della divisione di Medicina Molecolare e Terapia genica dell'ateneo svedese, hanno riprogrammato in laboratorio le cellule tumorali fino a trasformarle in cellule di derivazione tumorale presentanti l'antigene. Le cellule cancerose sono state in pratica "obbligate" a somigliare alle cellule presentanti l'antigene (Antigen-Presenting Cell, APC), una classe di cellule del sistema immunitario che comprende cellule dendritiche, macrofagi e linfociti B, incaricata di presentare possibili antigeni pericolosi esistenti nell'organismo alle cellule T, che si occupano della loro distruzione.
Prossimo passo: nell'uomo. Per riprogrammare le cellule tumorali, gli scienziati hanno sfruttato fattori di trascrizione (cioè proteine che determinano quando i geni devono essere attivati o disattivati) associati con le APC. Una volta trasformate, le cellule del cancro sono risultate visibili al sistema immunitario. «Il nostro studio getta le basi per lo sviluppo di immunoterapie che permettano di riprogrammare le cellule tumorali in cellule presentanti l'antigene in situ», cioè direttamente nel corpo del paziente, spiega Zimmermannova.
Indizi incoraggianti. Quando i ricercatori hanno iniettato le cellule riprogrammate all'interno di melanomi, cioè tumori sviluppati in topi vivi, la crescita del cancro è rallentata, le cellule hanno risposto meglio alle immunoterapie e la sopravvivenza dei topi si è prolungata. Serviranno comunque ulteriori ricerche per capire come utilizzare questo tipo di trattamento nei pazienti, se sia fattibile su larga scala e se sia sicuro.