Le pazienti che si sottopongono a una terapia di modulazione ormonale (hormone-modulating therapy, HMT) contro il tumore al seno corrono un rischio inferiore del 7% di sviluppare Alzheimer e altre demenze in una fase successiva della loro vita rispetto alle coetanee trattate con altre cure. Lo afferma uno studio pubblicato sulla rivista JAMA Network Open, che sottolinea inoltre che questa "protezione" è massima tra i 65 e i 69 anni e sembra poi diminuire con l'avanzare dell'età.
Terapie ormonali e demenze: quali effetti a lungo termine?
Due terzi delle persone con carcinomi alla mammella ha tumori caratterizzati dalla presenza di recettori per gli ormoni femminili (HR positivi, dove HR sta per Hormon Receptor), che crescono cioè in risposta agli ormoni estrogeni o progesterone. La terapia di modulazione ormonale ostacola lo sviluppo della massa tumorale, impedendo agli ormoni di legarsi a questi recettori. Un gruppo di scienziati dell'Università di Pittsburgh, in Pennsylvania ha voluto indagare meglio gli effetti di questo tipo di cure salvavita sul rischio futuro di sviluppare Alzheimer o altre demenze, un tema complesso sul quale finora ci sono stati risultati contrastanti.
Protezione dal declino neurologico
Il team ha usato un database federale con i dati sanitari di persone di 65 anni o più per individuare le donne che avevano ricevuto una diagnosi di cancro al seno tra il 2007 e il 2009 e che non avevano segni clinici né una storia di demenze prima della terapia oncologica.
Il 66% di queste 18.808 pazienti aveva ricevuto una terapia di modulazione ormonale entro tre anni dalla diagnosi di cancro e il 34% no. Gli scienziati hanno calcolato il rischio, per i due gruppi, di incorrere in demenze di vario tipo nei 12 anni successivi, considerando anche il passare dell'età, e hanno trovato in chi aveva seguito la terapia di modulazione ormonale una riduzione relativa del rischio del 7%, rispetto a donne incluse in diversi protocolli di cura.
Dunque, questo tipo di terapia anti-cancro sembra offrire, rispetto alle altre, un vantaggio secondario, ossia una riduzione del rischio demenze. L'effetto protettivo è risultato più pronunciato nelle pazienti tra i 65 e i 69 anni, mentre è diminuito con il passare dell'età. Lo studio non ha indagato se un effetto vi sia anche per le donne più giovani, di età inferiore ai 65 anni, un aspetto che andrà senz'altro approfondito. La protezione è inoltre parsa più marcata nelle pazienti afroamericane, per ragioni ancora da chiarire.
Le possibili motivazioni
Negli USA le donne afroamericane corrono un rischio maggiore di sviluppare tumori al seno, e nel corso della vita riportano un maggiore livello di stress dovuto a discriminazioni e ad altri fattori sociali che influisce negativamente sulla salute.
Occorrerà capire meglio se e come questi fattori, oltre alla genetica, pesino nelle diversità evidenziate dallo studio.
La riduzione del rischio demenze potrebbe essere collegata a un'influenza neuroprotettiva legata al modo in cui i farmaci HMT imitano l'azione degli ormoni o ne modulano gli effetti. O ancora, a un miglioramento dei meccanismi di pulizia del cervello dalla proteina beta-amiloide, della salute vascolare o della stabilità della proteina tau - tutti fattori collegati alle demenze, anche di tipo Alzheimer.