Salute

Bonora, servono nuovi farmaci con nuovi meccanismi d'azione Gli autori, dietro un'unica malattia ci sono pazienti diversi

Diabetologi italiani a congresso europeo, in 8 casi su 10 la malattia all'esordio ha già 2 facce

Milano, 16 set. (AdnKronos Salute) - Fotografare il diabete 'da neonato', quando ancora è agli esordi, per essere sicuri di offrire a chi ne soffre una terapia davvero su misura. Un trattamento doc, personalizzato in base ai 'connotati' che la patologia presenta appena vede la luce. In 8 casi su 10, infatti, già al momento della diagnosi il diabete mostra tutte e 2 facce che lo caratterizzano: poca insulina prodotta dal pancreas, organi incapaci di rispondere anche alle micro-dosi di ormone prodotto. Risultati inediti presentati dalla Società italiana di diabetologia (Sid) al Congresso 2015 dell'Associazione europea per lo studio del diabete (Easd), in corso a Stoccolma.

La ricerca che immortala per la prima volta il diabete sul nascere è stata discussa al meeting nella sessione 'In vivo veritas' ed "è importante - spiega la Sid - perché dà le indicazioni per confezionare una terapia veramente su misura, declinata sulla base del difetto predominante alla base della malattia" che solo nel nostro Paese colpisce oltre 4 milioni di persone. "Se non diagnosticato per tempo e trattato adeguatamente - ricordano gli specialisti - il diabete aumenta il rischio di molte patologie quali infarto, ictus, tumori e altre complicanze vascolari".

Se da un lato il pancreas 'diabetico' riduce sempre più la produzione di insulina, dall'altro i tessuti e gli organi che dovrebbero rispondere ai comandi di questo ormone diventano 'sordi', cioè resistenti all'insulina. Lo studio, battezzato Vnds (Verona Newly Diagnosed type 2 Diabetes Study), nasce proprio con l'obiettivo di caratterizzare in dettaglio le componenti che contribuiscono a determinare il diabete di tipo 2 nel momento stesso in cui viene diagnosticato, ed è frutto di un lavoro decennale condotto presso la Divisione di endocrinologia, diabetologia e metabolismo dell'università di Verona.

Al momento della diagnosi di diabete, i 700 pazienti (482 uomini e 218 donne) arruolati finora nello studio sono stati sottoposti a un test del carico orale di glucosio per valutare il grado di secrezione insulinica, e a un test di 'clamp insulinico' per misurare la risposta degli organi e tessuti periferici all'insulina. Nei due esperimenti sono state dosate le concentrazioni di peptide C, glicemia e insulina. I dati sono stati analizzati con un particolare modello matematico e interpretati utilizzando i database degli studi Genfiev (Genetica, fisiopatologia ed evoluzione del diabete di tipo 2) e Gisir (Group of Italian Scientists of Insulin Resistance), relativi a persone non diabetiche, presi come riferimento per definire le soglie di difetto di secrezione insulinica e di resistenza all'insulina.

E' stato così evidenziato che già al momento della diagnosi di diabete il 90% dei pazienti presentava una compromissione della secrezione insulinica, e che nell'88% era evidenziabile una ridotta sensibilità all'insulina.

I pazienti che presentavano solo insulino-resistenza erano appena l'8,8%, mentre quelli che mostravano soltanto un difetto di secrezione insulinica - tutti molto magri - erano il 10,8%. La maggior parte delle persone studiate (78,9%) al momento della diagnosi di diabete presentava entrambi i 'difetti', mentre un esiguo 1,4% non mostrava alcuna alterazione. Un paziente su 5 di quelli che presentano entrambi i problemi alla base del diabete mostrava anche pesanti alterazioni dei livelli di grassi nel sangue e un peggior compenso glicemico.

Lo studio dimostra dunque che "fin dal momento della diagnosi di diabete nella maggior parte delle persone sono presenti sia una compromissione della secrezione di insulina che una resistenza alla sua azione a livello di organi e tessuti target periferici", riassume la Sid. Il lavoro "ha dimostrato anche che quello che chiamiamo diabete è in realtà una malattia molto eterogenea, e che ciascun difetto preso singolarmente è in grado di determinare elevate concentrazioni di zuccheri nel sangue".

"Il momento in cui viene fatta diagnosi di diabete - afferma il primo autore dello studio, Marco Dauriz del Dipartimento di medicina-Divisione di endocrinologia, diabetologia e metabolismo dell'università di Verona, membro della Sid - rappresenta una finestra temporale privilegiata per poter apprezzare la frequenza e l'entità dei difetti di secrezione e azione insulinica, prima che venga avviata una terapia farmacologica".

"Caratterizzare le componenti patogenetiche al momento della diagnosi è importante per individuare una strategia terapeutica il più possibile personalizzata - aggiunge Dauriz - Le banche dati del Vnds e degli studi Genfiev e Gisir costituiscono un prezioso strumento per la comunità scientifica per poter indagare i meccanismi causali del diabete di tipo 2, e possibilmente individuare nuove strategie terapeutiche sin dalle forme di prediabete".

"L'eterogeneità dei disturbi alla base del diabete tipo 2 è estrema - commenta il presidente della Sid, Enzo Bonora - Studi come questo documentano che fra i diabetici di tipo 2 possono essere individuati soggetti molto diversi fra loro nelle alterazioni che portano alla manifestazione biochimica comune, cioè concentrazione alta di glucosio nel sangue. Per questo abbiamo bisogno e avremo sempre bisogno di molti farmaci con meccanismo d'azione diverso: in questo momento abbiamo 7 classi diverse di medicinali, oltre all'insulina, ma necessitiamo di altre molecole. Molte sono in fase di studio".

16 settembre 2015 ADNKronos
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