Salute

Biopsia liquida: potrebbe bastare un prelievo di sangue per consentire la diagnosi precoce del tumore

Un semplice prelievo di sangue che anticipi la diagnosi di un tumore aumentando le possibilità di cura: è la prospettiva della biopsia liquida.

Una mole enorme di informazioni, destinata ad aumentare: i tumori hanno sempre meno segreti perché oggi è possibile caratterizzarne le alterazioni una per una, grazie a tecniche di sequenziamento molecolare come il Next Generation Sequencing. In un prossimo futuro per ottenere moltissimi dati sul tumore basterà forse un prelievo di sangue, che in qualche caso potrebbe perfino consentire la diagnosi precoce: sono le prospettive della biopsia liquida, su cui la ricerca sta investendo moltissimo.

Semplice come un prelievo. Il motivo è intuibile: la biopsia liquida può scovare il DNA tumorale circolante (o ctDNA) e se si dimostrerà che è possibile trovare gran parte dei "marcatori" di tumore così, non solo sarà più semplice identificarne le caratteristiche dopo la diagnosi senza sottoporre i pazienti a biopsie fastidiose e complesse, ma sarà possibile anche individuare i nuovi casi presto e bene con un esame del sangue assai più facile rispetto a radiografie, TAC o altri test. Oggi però non esistono kit diagnostici approvati ma solo protocolli sperimentali, come sottolinea Nicola Normanno, responsabile della Struttura di Biologia Cellulare e Bioterapie dell'IRCCS Istituto Nazionale Tumori – Fondazione Pascale di Napoli: «Alla diagnosi tramite biopsia liquida probabilmente arriveremo, ma ancora non è possibile perché per esempio se troviamo alterazioni molecolari dobbiamo sapere da quale tessuto abbiano avuto origine per fare una diagnosi, e tuttora non ci sono strumenti che diano certezze. Verosimilmente ci arriveremo, magari associando l'analisi di diversi biomarcatori».

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Prospettive più vicine. A oggi l'applicazione più vicina della biopsia liquida è il monitoraggio dei pazienti perché per esempio si è osservato che trovare ctDNA in circolo dopo un intervento chirurgico e la successiva terapia si associa alla presenza di malattia residua e quindi a un maggior rischio di recidive. «Il dato è solido, ma non sappiamo ancora come utilizzarlo al meglio in clinica: si sta cercando di valutare per esempio se nei pazienti positivi alla biopsia liquida possa essere opportuno intensificare la terapia», dice Normanno. «La biopsia liquida viene già usata nelle sperimentazioni cliniche per stratificare il rischio dei pazienti dopo la terapia post-intervento chirurgico, ma ci sono ancora domande a cui rispondere: in chi è negativo, per esempio, la prognosi è migliore ma a volte si assiste comunque a ricadute perciò affidarsi solo ai risultati del ctDNA potrebbe non bastare.

Può essere utile una biopsia liquida, invece, in pazienti metastatici nei quali il materiale biologico della biopsia standard non sia sufficiente: i dati dal sangue hanno una buona specificità nell'individuare biomarcatori del tumore e possono evitare di sottoporre il paziente a un'ulteriore biopsia.

Nei pazienti metastatici seguire come cambia il ctDNA contribuisce anche a definire la prognosi, può aiutare a individuare la comparsa di resistenze e aiuta a dare un quadro migliore dello sviluppo della patologia». Tutte applicazioni al momento ancora "confinate" agli studi scientifici, ma che presto potranno arrivare in clinica perché anche in questo settore la ricerca va avanti molto rapidamente.

22 maggio 2023 Elena Meli
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