Bruxelles, 27 gen. (Adnkronos Salute) - La Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia per aver violato il rispetto del diritto di una coppia sposata di riconoscere come proprio figlio un bambino senza legami biologici con loro, in quanto nato con la pratica dell'utero in affitto, e per aver sottratto il piccolo ai coniugi. Per la Corte di Strasburgo, in particolare, l'Italia non ha dimostrato che l'allontanamento del bambino - nato in Russia da una madre surrogata, pratica legale nel Paese - fosse necessario.
Il ricorso contro l'Italia era stato presentato da una coppia molisana, che, dopo aver provato ad avere un figlio con la fecondazione in vitro, aveva deciso di andare in Russia, in cui è legale la pratica della maternità sostitutiva. Il bambino, nato nel febbraio del 2011, era stato riconosciuto in Russia come figlio legittimo della coppia e iscritto all'anagrafe di Mosca. Ma, una volta tornati in Italia, i coniugi si erano visti rifiutare l'iscrizione del bimbo all'anagrafe italiana, anche perché, secondo le autorità italiane, il certificato di nascita conteneva dei dati falsi.
Provata l'assenza di legami biologici fra genitori e figlio, il piccolo era stato dichiarato in stato di abbandono e affidato a una famiglia d'accoglienza. Inoltre le autorità giudiziarie avevano stabilito che la coppia non potesse più avere contatti con il piccolo né adottarlo.
La Corte dei diritti dell'uomo ha stabilito che le sentenze emesse in Italia non riguardassero il tema della madre surrogata ma l'allontanamento del bambino e il suo affidamento ai servizi sociali. In particolare "l'allontanamento del bambino dal contesto familiare è una misura estrema" e per la Corte le condizioni per questa decisione non c'erano. Ma nella sua sentenza la Corte spiega che il bimbo non deve tornare alla coppia molisana perché "ha sviluppato dei legami emotivi con la famiglia d'accoglienza con cui vive dal 2013". L'Italia dovrà però pagare alla coppia 20 mila euro per i danni morali e 10 mila per le spese legali.