Salute

Un pasto avvelenato per i superbatteri resistenti agli antibiotici

Prendili per la gola e poi... annientali! In studi su uomini e topi, i patogeni hanno confuso un metallo (il gallio) con il ferro di cui si nutrono. Ma la sostanza, ingerita, si comporta come un cavallo di Troia.

Contro un nemico che sembra adattarsi ad ogni nostra mossa, occorre pensare fuori dagli schemi: l'ultima strategia proposta nella lotta ai superbatteri resistenti agli antibiotici, prevede di colpirli... nel piatto in cui mangiano.

Una strada diversa. Cercare molecole capaci di aggredire dall'interno questi patogeni, impedendone le aggregazioni in biofilm, è sempre più difficile. Così due ricercatori dell'Università di Washington hanno provato a ingolosire i batteri con una sostanza che somiglia al loro cibo, ma che una volta ingerita si rivela per quello che è: un cavallo di Troia capace di distruggerli e impedirne la replicazione.

Nello studio pubblicato su Science Translational Medicine, Pradeep Singh e Christopher Goss riportano che si sono concentrati sul batterio Pseudomonas aeruginosa, che infetta polmoni, ferite e vie urinarie e risulta particolarmente difficile da debellare per i pazienti già affetti da altre condizioni, come fibrosi cistica, cancro o AIDS.

Boccone amaro. Durante le infezioni i superbatteri come questo hanno bisogno di ferro (26Fe) per nutrirsi e replicarsi, e lo sottraggono all'organismo ospite con ogni sorta di stratagemma. I ricercatori hanno allora pensato di nutrirli con gallio (31Ga), un metallo chimicamente affine al ferro che, tuttavia, non solo non è "nutriente", ma è anche dannoso.

Questa sostanza distrugge infatti gli strumenti molecolari che i batteri impiegano per produrre nuovo DNA, e quindi per replicarsi. Senza nuovo codice genetico, i patogeni non possono moltiplicarsi, e l'infezione è debellata. Non solo: in test di laboratorio, i batteri hanno sviluppato resistenza al gallio molto lentamente, e l'efficacia del metallo è risultata potenziata in combinazione con alcuni antibiotici.

l'esca perfetta. L'inganno ha funzionato: nei topi, una singola dose di gallio è riuscita a curare infezioni polmonari letali. Nella fase 1 di un trial clinico su 20 pazienti con fibrosi cistica e infezione di Pseudomonas aeruginosa, il gallio è risultato sicuro e ha migliorato le funzioni respiratorie.

I risultati sono incoraggianti, ma occorreranno ulteriori studi per valutare efficacia ed effetti del trattamento. L'idea di combattere i batteri disturbandone le attività nutrizionali è di difficile applicazione, ma non è nuova: l'aveva proposta lo stesso Louis Pasteur, il microbiologo francese padre degli studi su immunità e vaccini, già nel corso del 1800.

2 ottobre 2018 Elisabetta Intini
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