Salute

Batteri ospedalieri: la competizione li fa forti

Condividere l'habitat con altri patogeni permette ai batteri ospedalieri di sviluppare resistenza ai virus batteriofagi, senza rimetterci in carica infettiva. In laboratorio le cose vanno un po' diversamente.

Uno dei fattori che complica la lotta ai superbatteri ospedalieri è il diverso comportamento assunto dai patogeni nel mondo reale e nelle capsule da laboratorio. Secondo un nuovo studio pubblicato su Nature, i batteri che proliferano negli ospedali sviluppano una diversa forma di resistenza ai fagi, che sono i virus batteriofagi che possono essere impiegati come arma contro di essi: questa immunità potenziata permette loro di resistere all'attacco virale senza perdere la carica infettiva.

Due tattiche diverse. Per gli scienziati dell'Università di Exeter (Regno Unito) che hanno studiato il fenomeno su alcune popolazioni di Pseudomonas aeruginosa, la resistenza ai fagi prende strade differenti, in laboratorio e negli ambienti esterni. Nel più asettico contesto sperimentale, generazioni successive di batteri tendono a diventare immuni ai fagi che li attaccano grazie alla perdita di un recettore essenziale al quale i virus di solito si legano.

In natura, invece, la maggiore complessità dell'ambiente circostante spinge i batteri a sviluppare una forma diversa di immunità, basata sulla CRISPR - la stessa tecnica che abbiamo imparato a sfruttare per apportare modifiche mirate al DNA. In sostanza, i batteri conservano una sorta di memoria genetica dei virus batteriofagi che li hanno in precedenza attaccati, memoria che sfruttano per creare enzimi-forbici capaci di fare a brandelli i fagi.

Così cambia tutto. I ricercatori hanno provato a ricreare in laboratorio la complessità tipica di un ambiente ospedaliero, introducendo, accanto ai batteri Pseudomonas aeruginosa, responsabili di gravi infezioni nei nosocomi, patogeni di diversa specie. Nel nuovo habitat "arricchito", i batteri di laboratorio hanno sviluppato, come meccanismo di difesa, la CRISPR, e non la perdita del recettore caro ai fagi. Hanno cioè optato per la strategia difensiva dei batteri ospedalieri, perché restare senza un recettore li avrebbe resi meno competitivi e virulenti rispetto alle altre specie. Con la CRISPR, invece, non hanno perso neanche una piccola frazione della loro carica infettiva, come hanno dimostrato i ricercatori contagiando un'ignara larva di falena.

Lo studio dimostra che l'esito della battaglia tra batteri e fagi può essere pilotato alterando le condizioni dell'habitat in cui questa lotta avviene. E anche che, per studiare in modo più affidabile e veritiero la possibile evoluzione di un patogeno infettivo, occorre riprodurre il più possibile la complessità dell'ecosistema in cui esso opera.

25 ottobre 2019 Elisabetta Intini
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