Salute

Anche i batteri si innervosiscono per la fame (e rilasciano tossine)

I batteri affamati possono produrre sostanze che ci fanno ammalare: se trovassimo il modo di nutrirli potremmo forse ridurre l'utilizzo di antibiotici.

Vi capita mai di dare in escandescenze quando è passato troppo tempo dall'ultimo pasto? Succede anche ai batteri naturalmente presenti nel nostro intestino, e siamo noi a pagarne le conseguenze. In base a uno studio pubblicato su Nature Microbiology, all'interno di comunità di batteri con lo stesso profilo genetico si trovano alcuni membri che si comportano in modo più docile e altri "aggressivi" che producono invece le tossine che ci fanno ammalare.

La differenza tra questi due "profili" è almeno per la specie di batterio analizzata in questo lavoro la presenza o meno di nutrienti. In altre parole, se quei batteri hanno mangiato o meno.

SEPARATI IN CASA. Un team di ricercatori delle Università di Harvard e Princeton, in collaborazione con la Danisco Animal Nutrition (una realtà industriale che si occupa di soluzioni nutrizionali per ridurre l'utilizzo di antibiotici dai sistemi di produzione alimentare) ha sfruttato una tecnologia di recente sviluppo per separare cellule batteriche geneticamente identiche all'interno di una stessa comunità di Clostridium perfringens, un batterio naturalmente presente nell'intestino dell'uomo e degli animali, nel suolo e nell'acqua.

Alcuni ceppi di questo batterio possono produrre una tossina responsabile di tossinfezioni alimentari. Il C. perfringens può per esempio colonizzare la carne cruda rimasta per ore a temperatura ambiente e causare i sintomi di una gastroenterite nell'uomo o negli animali.

Sfamateci e nessuno si farà male. Quando i ricercatori hanno isolato il comportamento delle singole cellule batteriche, si sono accorti che a produrre tossine erano in genere quelle non adeguatamente nutrite. Al contrario le cellule ben nutrite in genere non rilasciavano sostanze dannose.

Da qui l'idea che, nutrendo adeguatamente i batteri, li si possa "convincere" a... comportarsi meglio. L'ipotesi si è rivelata corretta: quando gli scienziati hanno esposto i batteri indisciplinati a una sostanza chiamata acetato, una molecola organica molto comune nei sistemi viventi, i livelli di tossine prodotti sono scesi, così come il numero di batteri che le producevano.

La fame dei batteri: sfruttiamola! La scoperta del ruolo dell'assenza di nutrienti nella produzione di tossine apre prospettive interessanti sulla possibilità di trattare in modo alternativo le infezioni batteriche negli animali, per esempio nei polli che sono spesso infestati dal C. perfringens.

Fornendo ai batteri le sostanze che chiedono si potrebbe forse ridurre l'utilizzo di antibiotici nel settore della produzione di carne e uova e arginare così il fenomeno dell'antibiotico-resistenza. Bisognerebbe però capire se quanto osservato valga solo per il C. perfringens o anche per altri comuni batteri, e se vi siano in natura altri elementi che favoriscono la produzione di tossine.

Il ruolo dei singoli. Ulteriori lavori dovranno appurare l'approccio "nutrili e fatteli amici" possa risultare utile anche per l'uomo. Ora gli autori dello studio sfrutteranno la stessa tecnica usata per studiare il comportamento dei singoli batteri per far luce sulla nascita dell'antibiotico-resistenza, che inizia quando alcuni batteri riescono a sfuggire dal mirino del farmaco anche se la comunità di cui fanno parte non ha ancora evoluto le mutazioni genetiche per esserne immune.

6 aprile 2023 Elisabetta Intini
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