Un gruppo di scienziati italiani ha coltivato in laboratorio, e poi innestato, una nuova epidermide sul corpo di un bambino affetto da una rara malattia genetica che causa lesioni sulla quasi totalità della pelle.
Il trapianto è stato effettuato con successo e ora, a due anni di distanza, il piccolo conduce un'esistenza normale, dopo una diagnosi che non lasciava molte speranze di vita. La ricerca - un passo in avanti da giganti nel campo della medicina rigenerativa - è stata pubblicata su Nature.
La malattia. Il piccolo di 7 anni era arrivato in Germania dalla Siria nel 2013, con il corpo devastato dai sintomi dell'epidermolisi bollosa. Questa rara malattia genetica, fino a oggi incurabile, fa sì che l'epidermide si sollevi facilmente dagli strati di pelle sottostante: un lieve tocco (anche solo quello dei vestiti) è sufficiente a causare bolle, ulcere e lesioni che causano dolori lancinanti e che conducono in genere a una morte precoce, per infezioni o per tumori della pelle. È chiamata anche sindrome dei bambini farfalla, con riferimento alla fragilità delle farfalle.
Quando è stato ricoverato all'Ospedale pediatrico della Ruhr University Bochum, in Germania, il bambino aveva perso l'80% dell'epidermide, ed era sottoposto a cure palliative - una terapia del dolore a base di morfina. Un innesto di pelle del padre era sfociato in rigetto.
Estremo tentativo. I medici tedeschi si sono rivolti a un gruppo di scienziati italiani che aveva messo a punto una tecnica per rigenerare l'epidermide di questi pazienti in laboratorio, per successivi innesti, operazioni tuttavia non pensate per una superficie così estesa: la poca pelle illesa rimasta al piccolo era infatti distribuita sul viso e su di una piccola porzione della gamba sinistra.
Approccio combinato. Il gruppo di ricerca italiano, guidato da Michele De Luca, direttore del Centro di Medicina Rigenerativa dell'Università di Modena, è ricorso a un mix di terapia genica e cellulare per ricreare in laboratorio un'epidermide sana da innestare sul paziente.
La condizione del bambino è legata alla mutazione di un gene, chiamato LAMB3, che produce una proteina che assicura l'epidermide agli strati di pelle sottostanti. Il team ha prelevato dal bambino un campione di pelle ancora sana e usato poi un virus per consegnare una versione non difettosa di quel gene nei nuclei delle cellule dell'epidermide.
La pelle umana ha già una riserva di cellule staminali specializzate, che le permettono di rinnovarsi continuamente. Ciò ha permesso agli scienziati di coltivare l'innesto in laboratorio, ottenendo grandi porzioni di pelle - come una "coperta" - da poche cellule originarie.
Le operazioni. L'innesto è stato eseguito sul bambino in due distinte operazioni, nel 2015. Grazie alle staminali specializzate, dopo il trapianto l'epidermide ha continuato a rigenerarsi, producendo di volta in volta cellule sane, come avviene in chi non è affetto dalla malattia.
una vita normale. A due anni di distanza il bambino sta bene, non deve prendere medicine, non soffre più di ulcere, è tornato a scuola e gioca a calcio. Quando si graffia, guarisce come tutti i suoi coetanei. Uno dei rischi di queste terapie è la potenziale introduzione di cambiamenti genetici che potrebbero causare lesioni tumorali, ma, al momento, non c'è traccia di nessuna di queste mutazioni. Ora si spera che questa rivoluzionaria combinazione di terapie genica e cellulare possa dare speranza ad altri pazienti affetti da malattie della pelle debilitanti.