Salute

Le bambine cinesi modificate con la tecnica CRISPR potrebbero avere facoltà cognitive potenziate

Disattivare il gene silenziato da He Jiankui potrebbe accelerare il recupero di memoria e altre facoltà dopo ictus e traumi cranici, e la sua naturale non-funzionalità è anche associata a una più lunga scolarizzazione. Quali conseguenze riporteranno, le neonate geneticamente modificate?

Lo scorso novembre, lo scienziato cinese He Jiankui annunciò, nello sconcerto dell'intera comunità scientifica, di aver utilizzato la tecnica CRISPR per compiere modifiche genetiche su alcuni embrioni, due dei quali utilizzati per una gravidanza gemellare andata a buon fine. Nel genoma delle bambine Lulu e Nana è stato disattivato un gene - il CCR5 - che il virus dell'HIV usa come "cancello" per infettare le cellule del corpo umano.

Scopo dichiarato della ricerca era "produrre" persone naturalmente immuni al patogeno che provoca l'AIDS, ma i conti non sono mai tornati: come mai rischiare una procedura così pericolosa, poco conosciuta, illegale ed eticamente discutibile, per ottenere una protezione che già disponibile, in forme molto più semplici?

Se per ora a questa domanda non è dato rispondere, una ricerca pubblicata la scorsa settimana su Cell sembra confermare gli effetti positivi che il silenziamento del gene CCR5 può dare sulle funzioni cognitive. Le persone in cui questo gene non è espresso potrebbero riprendersi più velocemente dalle conseguenze di ictus o lesioni da trauma cranico; la mancata attività del CCR5 è inoltre associata a una più lunga carriera scolastica, anche se per il momento è impossibile prevedere se e in che modo la disattivazione del gene abbia influito sulle capacità cognitive delle gemelline cinesi.

Nel mirino da tempo. Già nel 2016, il gruppo di scienziati guidato da Alcino J. Silva, neurobiologo dell'Università della California, Los Angeles aveva scoperto che la stessa alterazione genetica tentata sulle gemelle sembrava migliorare memoria, capacità di apprendimento e plasticità neuronale nei topi. Questa connessione aveva fatto ipotizzare che il CCR5 potesse essere un buon bersaglio farmaceutico nel trattamento di recupero di parola e movimento in seguito a un evento acuto a danno del cervello.

Un migliore recupero. Nella nuova ricerca, il team ha provato a bloccare il CCR5 nei topi reduci da ictus con un farmaco già in uso nelle terapie contro l'HIV, prima di somministrare loro una batteria di test motori. L'esperimento è durato nove settimane e i roditori che avevano subito il silenziamento del gene hanno riportato meno cadute e più miglioramenti rispetto agli altri.

Lo studio mostra inoltre che chi ha il CCR5 naturalmente inattivo riesce a riprendersi da un ictus meglio e più rapidamente rispetto alla media dei pazienti, e che generalmente totalizza un numero maggiore di anni scolastici. I ricercatori stanno ora cercando di capire se le persone in cui il gene è bloccato chimicamente per la somministrazione di antiretrovirali riportino in generale miglioramenti nelle facoltà cognitive.

freno allentato. Una delle ipotesi è che il gene che di norma limita l'eccitabilità delle cellule nervose (una caratteristica che immediatamente dopo un danno cerebrale può risultare controproducente) possa, una volta disabilitato, potenziare invece la comunicazione neurale. Questi primi risultati non sono sufficienti a ipotizzare quale effetto "collaterale" la mutazione abbia sortito sulle bambine modificate con la CRISPR; e neppure si può sapere, ora, se un eventuale potenziamento delle doti cognitive fosse invece il vero obiettivo dell'esperimento, un'eventualità che He Jiankui ha, naturalmente, smentito.

26 febbraio 2019 Elisabetta Intini
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