Il latte "crudo", cioè non pastorizzato, contaminato con il virus H5N1 fa ammalare rapidamente i topi, provocando infezioni a vari organi. Dopo molte prove indirette della pericolosità di questo alimento raccolte negli allevamenti di mucche da latte colpiti dall'influenza aviaria negli USA, arriva finalmente la conferma "ufficiale" da uno studio scientifico effettuato in laboratorio. Il consumo di latte proveniente da bovini infetti può non essere sicuro per gli altri mammiferi, incluso l'uomo.
I precedenti nei gatti. La scoperta non ha lasciato sorpresi gli esperti: già nei mesi scorsi alcuni gatti residenti in allevamenti bovini degli Stati Uniti, che erano entrati in contatto con il latte secreto da mucche con l'aviaria, erano morti per i sintomi di questo tipo di influenza. A preoccupare è il latte "crudo", distribuito sfuso e appena munto, senza aver subito alcun procedimento termico per neutralizzare eventuali patogeni. Al di là del virus dell'aviaria, questo tipo di alimento può contenere batteri pericolosi per la salute, come quelli della Salmonella.
Il latte pastorizzato è sicuro. La pastorizzazione è un trattamento termico che aumenta il tempo di conservazione degli alimenti senza alterarne le proprietà nutrizionali, e che ha un'azione battericida. Nel caso del latte prodotto da mucche infettate dal virus dell'influenza aviaria H5N1, ha un effetto protettivo indispensabile. Anche se tracce del virus inattivato sono state trovate nel 20% dei campioni di latte pastorizzato venduti negli USA, in quegli stessi campioni non è stata trovata traccia di virus attivo e pericoloso.
Gli effetti del latte crudo. Nel nuovo studio Yoshihiro Kawaoka, virologo dell'Università del Wisconsin, Madison (Stati Uniti) ha analizzato campioni di latte crudo munto da una mandria di mucche con aviaria di un allevamento del Nuovo Messico. Nel latte conservato a temperatura di frigorifero (4 °C), i livelli di virus sono scesi molto lentamente, a sostegno del fatto che il latte di questo tipo potrebbe rimanere contaminato per settimane.
Topi nutriti con questo latte hanno sviluppato rapidamente sintomi di tipo neurologico (come la letargia) riconducibili a un'infezione da aviaria. Dopo quattro giorni dai primi sintomi, i topi sono stati soppressi, e nei loro corpi sono stati trovati alti livelli di virus, nel sistema respiratorio e in altri organi. Sorprendentemente, il virus è stato localizzato anche nelle ghiandole mammarie dei roditori, che non erano femmine in allattamento. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine.
Anche i gatti rimasti infettati dal virus dell'aviaria avevano mostrato sintomi neurologici, come irrigidimento dei movimenti, cecità e tendenza a camminare in cerchio; per i ricercatori, se i topi avessero vissuto più a lungo avrebbero sviluppato lo stesso genere di disturbi.
meglio Cuocere gli alimenti. Lo studio è una prova ulteriore della necessità di consumare latte pastorizzato, specialmente in tempi di minaccia di diffusione ulteriore dell'aviaria negli allevamenti bovini. Intanto, proprio negli ultimi giorni le autorità del Dipartimento dell'Agricoltura USA hanno riferito di aver trovato tracce del virus dell'aviaria anche nel tessuto muscolare, e dunque nelle carni, di una mucca da latte che era risultata contaminata e che per questo era stata destinata all'abbattimento.
Come spiegato dal New York Times, la carne dell'animale non sarebbe comunque stata destinata al mercato alimentare, e per ora il virus H5N1 è stato trovato solo negli allevamenti di mucche da latte e non da carne. Tuttavia, poiché molte persone negli USA consumano carne bovina al sangue, poco cotta, potrebbe essere necessaria una maggiore cautela anche su questo fronte: le alte temperature a cui è sottoposta una carne ben cotta riescono infatti a neutralizzare eventuali patogeni.