Diciotto mesi fa un gene che conferisce la resistenza alla colistina, "l'ultima spiaggia" tra gli antibiotici, utilizzata per annientare i microbi più difficili da neutralizzare, fu trovato tra i batteri di un allevamento di maiali in Cina. Un anno fa, un ceppo di Escherichia coli immune alla colistina fu trovato, per la prima volta, nell'urina di una paziente statunitense.
Da allora, il gene della resistenza, chiamato mcr-1, si è diffuso a velocità allarmante negli allevamenti, e sempre più spesso negli ospedali, di tutto il mondo: lo confermano alcune presentazioni portate la scorsa settimana al meeting dell'American Society for Microbiology di New Orleans, Louisiana.
Utilizzo sconsiderato. La colistina è nota dagli anni '50, ma fino all'ultimo decennio è stata usata di rado sull'uomo, per i suoi effetti collaterali a danno dei reni. Tuttavia si è fatto un uso estensivo di questi antibiotici sugli animali destinati alla produzione di cibo. Tale super utilizzo ha provocato la diffusione di forme di resistenza alla sostanza tra i batteri.
Negli ultimi anni la colistina è risultata essenziale contro i CRE (batteri resistenti ai carbapenemi, un'altra classe di antibiotici usati in ambito ospedaliero), che uccidono il 50% di chi viene contagiato, e si trasmettono soprattutto negli ospedali.
Il fatto che siamo così preoccupati di poter perdere un antibiotico dagli effetti in parte tossici la dice lunga sulle nostre (poche) armi contro i superbatteri.
A macchia d'olio. Fatto ancor più preoccupante, lo scorso anno ricercatori cinesi hanno osservato lo spostamento del gene mcr-1 dal genoma dei batteri a un plasmide, una molecola circolare di DNA capace di "saltare" da una specie batterica all'altra.
In uno studio presentato alla conferenza si riporta la scoperta del gene resistente in 497 campioni di feci umane tra le 8000 analizzate in cinque anni a Guangzhou, Cina. Un altro studio nella stessa città ha rilevato il gene mcr-1 nel 25% dei pazienti di un ospedale. Ceppi di E. coli resistenti alla colistina sono stati trovati nel 60% di 107 polli analizzati in Brasile (il più grande esportatore di pollame del mondi) e nel 98% di 100 maiali selezionati a caso tra due fattorie in Portogallo.
Poche alternative. Il gene sembra insomma particolarmente abile nel trasferirsi da una specie all'altra, e spesso si accompagna ad altre forme di antibiotico-resistenza.
Tutto quello che resta da fare è limitare l'utilizzo di colistina negli allevamenti animali: molti paesi - Brasile e Cina, per esempio - ne hanno di recente bandito l'uso in agricoltura. Un provvedimento che suona quanto mai tardivo.