E se l’autismo dipendesse da un eccesso di testosterone? Nota come la teoria del cervello maschile estremo, questa suggestiva idea ha cominciato a farsi largo tra i neuroscienziati qualche anno fa, per spiegare lo sviluppo, nei bambini, dei disturbi dello spettro autistico. Secondo lo psicologo di Cambridge, Simon Baron-Cohen, che per primo ne ha parlato nel 2011, sarebbe proprio un bombardamento dell’ormone maschile per eccellenza durante la gravidanza, ad aumentare le possibilità di autismo nei nuovi nati: la mascolinizzazione del cervello renderebbe infatti più difficile l’empatia. Non a caso, affermano i sostenitori della teoria, il disturbo dello spettro autistico è più comunemente diagnosticato negli uomini. Ma le cose stanno davvero così?
Nuovo studio. No, almeno non in modo così immediato, secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society e basato su due esperimenti distinti. Il primo ha coinvolto 243 maschi di età compresa tra 18 e 55 anni, sottoposti a scansione delle mani e al prelievo di un campione di saliva, e ai quali è stato poi richiesto di compilare un questionario su informazioni demografiche e sull'umore. I partecipanti hanno anche applicato un gel sulla pelle: alcuni hanno usato un gel di testosterone, mentre altri, senza saperlo, hanno usato un placebo.
Prima e dopo l'applicazione del gel, è stato anche chiesto loro di fare il cosiddetto test di “lettura della mente”: scegliere tra quattro parole quella che meglio descriveva lo stato emotivo espresso dallo sguardo ritratto in una foto. Nel secondo esperimento altri 400 uomini, ma di età media di 22 anni, hanno seguito passaggi simili, usando per metà uno spray contenente testosterone per metà un placebo. Sia i partecipanti al primo che al secondo test erano neurotipici, cioè non mostravano alcun disturbo dello spettro autistico.


Risultati. Ebbene, in entrambi gli esperimenti i ricercatori non hanno notato alcuna differenza nelle prestazioni del test di empatia tra i gruppi che avevano assunto il placebo e quelli che invece avevano assunto il testosterone. In seguito hanno anche misurato il rapporto tra la lunghezza dell'indice di una persona e l'anulare dei partecipanti, il cosiddetto rapporto 2D:4D, ritenuto da taluni un altro indicatore della quantità di testosterone che un feto incontra nell'utero e collegato a una mancanza di empatia.
Ma anche in questo caso, non è stata trovata alcuna prova che tale rapporto, quando presente, potesse collegare l’esposizione al testosterone nell'utero ai livelli di empatia. Insomma il testosterone non avrebbe nulla a che fare con l’autismo.
"I nostri risultati mostrano inequivocabilmente che non esiste una relazione causale lineare tra l'esposizione al testosterone e l'empatia cognitiva", ha spiegato il coautore dello studio Amos Nadler. "Diversi studi precedenti hanno suggerito una connessione tra testosterone e ridotta empatia cognitiva, ma i campioni studiati erano molto piccoli”.
Disaccordi. Non tutta la comunità scientifica però è d’accordo, a cominciare proprio da Baron Cohen. E i ricercatori stessi non escludono che il testosterone possa anche avere un collegamento con i disturbi dello spettro autistico. “L’autismo è un tratto complesso che è probabilmente influenzato da una combinazione di molti fattori genetici e forse anche dall'ambiente prenatale, e quindi non è realistico supporre che ci sia un solo fattore biologico che lo causa”.
Lo stesso professor Nadler afferma che lo studio non può confutare nessuna teoria sull'impatto del testosterone sul cervello in via di sviluppo. "Quello che stiamo sostenendo è che dare alle persone testosterone da adulti non ha alcuna influenza sulla loro capacità di comprendere le emozioni degli altri". La speranza degli autori è piuttosto che questo studio dissipi l'idea balzana che controllare il testosterone, ad esempio usando farmaci per bloccarlo nelle donne in gravidanza, possa essere possibile prevenire l'autismo. "Se non c'è relazione, allora non dovremmo dare alle persone false speranze”.
Un parere terzo. Peter Bos, che studia come gli ormoni influenzano il nostro cervello alla Leiden University, trova convincente il nuovo studio, ma afferma che dovremmo stare molto attenti alle implicazioni che ne traiamo: i ricercatori infatti non hanno esaminato direttamente i tratti autistici, quindi i risultati sono limitati.
Inoltre, il test dell'empatia è spesso criticato perché richiederebbe una vasta gamma di competenze oltre al semplice riconoscimento delle emozioni e non è sempre ben visto clinicamente. "Questo studio è importante in quanto sembra eseguito con cura e il campione è molto grande, ben oltre ciò a cui siamo abituati in questo campo", ha spiegato al sito ScienceAlert. “Non credo che metta in discussione le prove alla base della teoria del cervello maschile estremo, ma mostra che la storia è più complessa di quanto si pensasse in precedenza”.