La tecnologia che occupa una parte consistente e intima delle nostre vite si sta ora diffondendo in un settore in cui gli aiuti non sono mai abbastanza: app e sensori stanno entrando sempre più spesso nella quotidianità dei pazienti con demenze e delle loro famiglie, come integrazione dell'assistenza domestica dei malati.
Due articoli pubblicati in questi giorni sul Wall Street Journal e su BBC news raccontano due aspetti diversi dello sviluppo dei dispositivi indossabili e degli assistenti digitali: da un lato, quello che permette ai pazienti di continuare a vivere nelle loro case nel modo più autonomo possibile, e ai loro parenti di coltivare spazi personali; dall'altro, quello che consente di monitorare la salute dei malati e sapere subito di eventuali emergenze o peggioramenti.
Lasciati soli. Negli Stati Uniti, più di 16 milioni di adulti provvedono, con i propri mezzi soltanto, alla cura di 5,8 milioni di persone con Malattia di Alzheimer o altre forme di demenza. In Italia, i pazienti con Alzheimer sono 600 mila e in aumento, per l'invecchiamento della popolazione. I caregiver, coloro che forniscono loro ogni cura, dedicano ai malati 4,4 ore al giorno di assistenza diretta e 10,8 di sorveglianza.
Il 40% dei caregiver non lavora, pur essendo in età lavorativa; il 45,3% soffre di depressione; il 63,2% non dorme a sufficienza. In 6 casi su 10, la cura del malato determina cambiamenti importanti nella vita lavorativa, soprattutto per le donne (dati Censis-AIMA, 2016).
Sempre connessi. L'articolo sul Wall Street Journal racconta la storia di Kim Rice e del marito Greg, affetto da demenza frontotemporale. Come molti americani negli ultimi tempi, Kim si affida alle app per assicurarsi che il partner sia al sicuro mentre lei si trova al lavoro. Le notifiche di un tracker GPS la avvertono quando Greg rientra a casa dal centro diurno. Telecamere all'ingresso di casa permettono a Kim di parlare col marito e suggerigli il codice per sbloccare la porta. Lo smart display di Amazon Echo Show consente alla donna di parlare con il coniuge nel tempo che impiega a rincasare dall'ufficio.
Sensori sull'uscio di casa avvertono i vicini, nel caso l'uomo esca e inizi a vagare. Altri wearable device da polso permettono al paziente di chiamare facilmente un numero scelto di contatti, o rispondono entro 10 secondi alle chiamate del caregiver.


Non è sempre una soluzione. Quando tutto funziona senza intoppi, la qualità di vita di pazienti e familiari migliora. I primi si sentono più sicuri e conservano una parte importante di autonomia nei luoghi che conoscono.
I secondi, contano sulle app per ritagliarsi brevi spazi per sé, o per alleggerire la fatica mentale di una costante apprensione.
Ma le batterie si scaricano, la connessione a Internet salta, le app si bloccano... Nulla di diverso dagli intoppi quotidiani con la tecnologia - solo che in questo caso la posta in gioco è la sicurezza dei propri cari. Questo tipo di soluzione è inoltre indicata soltanto per le prime fasi delle demenze: più avanti, può capitare che un paziente si tolga i sensori o che li spenga, o che gli generino ulteriore confusione.
Infermieri virtuali. Intanto, a Londra, un team di ricercatori del Care Research & Technology Centre dell'Imperial College sta mettendo a punto una serie di dispositivi da indossare che tengano traccia dei parametri biologici dei pazienti, per vigilare sulla loro salute e cercare di ridurre il numero di ricoveri in ospedale o di richieste al pronto soccorso.
Un piccolo sensore per elettroencefalogramma (EEG) da inserire nell'orecchio monitora l'attività cerebrale dei pazienti e segnala eventuali anomalie. Altri dispositivi riconoscono un cambiamento nel modo di camminare, che potrebbe fare presagire una caduta. O ancora, controllano battito cardiaco, pressione sanguigna, ritmi del sonno e temperatura: la comparsa di febbre può infatti segnalare l'insorgenza di un'infezione.
L'idea è di creare condizioni più sicure per i pazienti e controllare allo stesso tempo la progressione della malattia. Come riporta il pezzo su BBC news, un letto di ospedale su quattro nel Regno Unito è occupato da un paziente con demenza, e nel 20% dei casi questi ricoveri potrebbero essere evitati, con opportune accortezze.