I bambini con infezione da coronavirus SARS-CoV-2 ospitano nelle loro alte vie respiratorie la stessa o una maggiore quantità di RNA virale rispetto agli adulti. Lo studio pubblicato su JAMA Pediatrics sembra contraddire l'idea che i più piccoli siano più protetti dal contagio, anche se non dice nulla sulla facilità con cui i minori trasmettono la CoViD-19.
L'impatto del nuovo coronavirus sui bambini è uno dei grandi punti interrogativi della pandemia, perché i piccoli riportano in genere sintomi più lievi e in molti casi - come accertato dallo studio di Vo' Euganeo - sembrano non contrarre l'infezione nemmeno se un loro familiare è positivo. Il messaggio del nuovo lavoro è che, soltanto perché i bambini non mostrano segni visibili della malattia o di forme gravi di essa, non significa che non possano ospitare il virus.
Un sospetto confermato. Il test diagnostico standard per la covid è un tampone oro-faringeo che preleva dal paziente materiale genetico, amplificato attraverso una tecnica chiamata RT-PCR (reazione a catena della polimerasi inversa). Grazie a questa tecnica il codice genetico del virus, se presente, viene estratto dal campione di saliva o muco e copiato ripetutamente in una serie di cicli successivi, rendendolo visibile (per approfondire). Maggiore è la quantità di materiale virale presente nel campione, minori saranno i cicli necessari per ottenere un risultato chiaro.
Taylor Heald-Sargent, pediatra infettivologa dell'Ann and Robert H. Lurie Children's Hospital di Chicago, si è accorta che i test dei bambini positivi alla covid tornavano indietro con una soglia minore di cicli effettuati. Così ha analizzato i campioni dei pazienti testati tra il 23 marzo e il 27 aprile in una serie di stazioni di emergenza allestite a Chicago e dei pazienti arrivati in ospedale per qualunque ragione, inclusa la CoViD-19. Dopo aver scartato i tamponi di chi causa covid aveva avuto bisogno di supporto respiratorio (e che quindi aveva, presumibilmente, maggiori quantità di virus in corpo) ha confrontato i tamponi di 145 persone tra adulti, bambini e ragazzi in età scolare e bambini di età inferiore ai 5 anni. Sono stati considerati soltanto i pazienti con forme lievi di covid e per i quali era nota la data di inizio dei sintomi.
L'enigma della trasmissione. Gli scienziati hanno usato il numero di cicli di PCR come indicatore della quantità di RNA virale trovato nel naso e nella gola dei pazienti. I bambini più grandicelli e gli adulti mostravano livelli analoghi di cicli di PCR, mentre per i bambini di meno di 5 anni di età il virus veniva individuato con molti meno cicli.
Questo mostrerebbe che i bambini contagiati ospitano la stessa quantità di virus se non una superiore, anche se lo studio ha due grossi limiti: il ridotto numero di pazienti testati e il fatto di aver cercato particelle di RNA virale e non il virus "vivo".
Il risultato è in linea con altri studi che mostrano che bambini asintomatici hanno cariche virali pari a quelle degli adulti. Non sarebbe sorprendente, quindi, se i bambini positivi al SARS-CoV-2 potessero anche trasmetterlo, benché lo studio non dica nulla sulla facilità di contagio tra bambini e tra bambini e adulti o anziani. La questione diverrà di stringente attualità alla riapertura delle scuole. Finora, le osservazioni svolte nei Paesi che hanno riaperto le aule indicano che, almeno dove l'epidemia è sotto controllo, i bambini non sembrano veicolare la malattia in modo così efficiente.