Un team internazionale di ricercatori ha appena scoperto come muoiono i neuroni nel cervello dei pazienti con Alzheimer, un meccanismo su cui si indagava da tempo e che, pienamente compreso, potrebbe suggerire nuove terapie contro la più diffusa forma di demenza. La notizia pubblicata su Science arriva quasi in concomitanza con la Giornata Mondiale dell'Alzheimer del 21 settembre 2023, un'occasione per conoscere più da vicino questa malattia, che interessa soltanto in Italia circa 600.000 persone.
Il pezzo che mancava. I ricercatori del Dementia Research Institute presso l'University College London (Regno Unito) e del KU Leuven in Belgio hanno chiarito che l'accumulo di proteina beta amiloide nel cervello conduce i neuroni a una sorta di suicidio cellulare programmato, e hanno spiegato come questo avviene.
La morte dei neuroni è all'origine del declino cognitivo nei pazienti con malattia di Alzheimer, e dei sintomi più riconoscibili come la perdita di memoria. Da tempo si sa che nel cervello con Alzheimer si verificano due accumuli patologici, quello di proteina beta amiloide e quello di proteina tau, ma finora non era stato possibile unire con chiarezza tutti questi "puntini", questi passaggi certi della malattia. Il nuovo lavoro aiuta a capire in che modo le varie tappe sono collegate.
Mi faccio da parte. In principio la proteina beta-amiloide prodotta in quantità eccessive si addensa negli spazi tra un neurone e l'altro, generando uno stato infiammatorio sgradito alle cellule, perché ne altera la chimica interna. Nei neuroni appaiono quindi grovigli di proteina tau e inizia la produzione di una molecola specifica, chiamata MEG3, che incoraggia la necroptosi o morte cellulare infiammatoria. Quest'ultimo è un meccanismo spontaneo di autorimozione delle cellule che normalmente servirebbe al corpo umano per far spazio a cellule nuove (ma che in questo caso finisce fuori controllo).
Interrompere il segnale. Gli scienziati hanno studiato il processo in cellule cerebrali umane trasferite nel cervello di topi geneticamente modificati per produrre grandi quantità di proteina amiloide. Quando è stato bloccato il rilascio della molecola MEG3, i neuroni sono sopravvissuti. Farmaci capaci di stoppare la MEG3 potrebbero quindi rappresentare una nuova e interessante prospettiva terapeutica per chi è affetto da Alzheimer.
Anche se il lavoro è stato definito fondamentale per la ricerca sulla malattia, serviranno però molti altri studi e anni prima che questa intuizione possa tradursi in un'opzione clinica per i pazienti.