Che le allergie stagionali stiano peggiorando di anno in anno è ormai un fatto assodato: il principale colpevole dell'arrivo anticipato e della persistenza di starnuti, irritazioni e occhi congestionati sarebbe il cambiamento climatico che, con l'aumento delle temperature e della concentrazione di CO2 nell'aria, influisce sul rilascio dei pollini da parte di piante e alberi. Ma è possibile sapere quanto intensa sarà la prossima stagione, così da prepararsi per tempo?
Prevenire è meglio che curare. Secondo uno studio pubblicato su Science, sì: grazie a un nuovo approccio basato su due diversi modelli di previsione, i ricercatori sono riusciti a stimare in che modo la stagione delle allergie potrebbe cambiare nei prossimi anni nei Paesi dell'Europa nord-occidentale. Ne è emerso che l'intensità delle allergie potrebbe aumentare considerevolmente a causa dei cambiamenti climatici, arrivando a toccare quota +60% se la quantità di CO2 nell'atmosfera arrivasse a 800 parti per milione (ora siamo a oltre 400 ppm).
"Queste previsioni potrebbero essere utili per i pazienti allergici e per l'intero settore sanitario", si legge nello studio. A lungo andare, spiegano i ricercatori, i cambiamenti climatici faranno aumentare le concentrazioni di polline nell'aria e allungheranno la stagione delle allergie, facendo crescere il numero di persone sensibili ai pollini.
Una ragione di più. A meno che l'umanità non fallisca miseramente nel porre un freno alle emissioni di anidride carbonica, sarà (fortunatamente) improbabile raggiungere quota 800 ppm. Tuttavia, la correlazione tra emissioni di CO2 e aumento di pollini rimane, e ci dà un motivo un più (se ce n'era bisogno) per impegnarci ulteriormente a ridurre le emissioni inquinanti e proteggere il nostro Pianeta.