A lungo quella di bere un bicchiere (e uno soltanto!) di vino rosso a cena è stata una raccomandazione abituale dei medici di famiglia, per via dei presunti benefici che un consumo leggero di alcol avrebbe sulla salute cardiovascolare. Ora però uno studio pubblicato su JAMA Network Open smentisce questo luogo comune - frutto, sembra, di alcuni problemi metodologici negli studi sul tema.
Non esiste alcun livello di alcol, neanche moderato, che non comporti un rischio anche lieve di problemi cardiaci. Questo rischio resta basso (ma non uguale a zero) se ci si limita a non più di sette drink alla settimana, ma aumenta progressivamente e in modo importante se si supera questa soglia.
Non è merito dell'alcol. In effetti da alcune passate ricerche era emerso che un consumo modesto di alcol potesse, per motivi non meglio precisati, proteggere il cuore. I bevitori moderati sembravano infatti essere colpiti meno spesso da malattie cardiache rispetto non solo a chi beve molto, ma anche a chi si astiene.
Questo apparente effetto protettivo è stato riscontrato anche nella nuova analisi condotta dal Massachusetts General Hospital e dal Broad Institute del MIT. Ma era solo un abbaglio: il fatto è che chi consuma quantità moderate di alcol (fino a 14 bicchieri alla settimana) tende ad avere anche altri stili di vita che diminuiscono il rischio di malattie cardiovascolari, come fumare di meno o non fumare, fare più esercizio fisico e avere un minore peso corporeo di chi beve molto o di chi non beve per niente.
Chiarire i rapporti. A questa conclusione si è arrivati attraverso le analisi dei dati medici e genetici di quasi 400.000 persone catalogate nella UK Biobank, un ampio database medico britannico usato spesso per gli studi che riguardano geni, stile di vita e salute. Ci si è concentrati su soggetti adulti dell'età media di 57 anni e dal consumo di alcol medio di 9,2 drink settimanali. Non è chiaro perché chi consuma alcol con moderazione tenda a essere più in salute: ma per chiarire se sia proprio merito dell'alcol, e capire cioè se tra consumo leggero di alcol e protezione del cuore ci sia una relazione di causa-effetto, il team è ricorso a un approccio statistico chiamato randomizzazione mendeliana.
Questa tecnica sfrutta varianti genetiche di interesse per lo studio come strumento per isolare gli effetti di un comportamento che si sta studiando, in questo caso il consumo di alcol.
È noto infatti che alcune varianti genetiche predispongono al consumo massiccio di alcol e altre a un consumo più leggero. Poiché queste varianti sono distribuite in modo casuale nella popolazione, nello studio possono essere utilizzate in modo equivalente all'attribuzione casuale di compiti ai soggetti coinvolti: è come se ad alcuni si assegnasse il compito di bere molto per un certo periodo di tempo e ad altri quello di bere poco, e poi si tirassero le fila. Solo che a decidere non sono i ricercatori ma i geni ereditati alla nascita.
Bere alcol fa sempre male. A questo punto, come spiega il New York Times, ci si può chiedere se le persone con le varianti che predispongono a bere di più abbiano più spesso problemi cardiovascolari rispetto a chi ha varianti genetiche legate a un consumo più blando. La risposta è che gli individui con varianti che predisponevano a un consumo maggiore di alcol in effetti bevevano più degli altri, e avevano anche maggiori probabilità di sviluppare ipertensione o malattia coronarica. Questo rischio aumentato inizialmente è contenuto, ma poi le probabilità di ammalarsi crescono in maniera esponenziale, amano a mano che aumentano il numero di bevute settimanali o altri fattori concomitanti, come l'essere affetti da obesità o diabete.
Se per esempio una persona di mezza età che non consuma alcol ha una probabilità del 9% di contrarre una malattia cardiaca, per chi beve un bicchiere di vino al giorno le chances sono del 10,5%: un piccolo incremento, ma dopo questo limite di un drink al giorno il rischio aumenta in modo più importante. Rispetto ad altri studi soltanto osservazionali, che si limitavano a monitorare per un certo periodo il consumo di alcol e i problemi di salute dei pazienti e misurare una correlazione tra le due cose, il nuovo lavoro suggerisce un rapporto di causa effetto più diretto tra alcol e malattie cardiache.
Consigli fuorvianti. «Dalle nostre conclusioni è chiaro che il consumo di alcol non dovrebbe essere raccomandato per migliorare la salute cardiovascolare», spiega Krishna G. Aragam, esperto di prevenzione cardiaca del Massachusetts General Hospital e tra gli autori dello studio. «Anzi, ridurre il consumo di alcol ridurrà probabilmente il rischio cardiovascolare in tutte le persone, anche se in misura diversa a seconda di quanto se ne consuma attualmente». Poiché il rischio aumenta esponenzialmente più alcol si consuma, in chi beve di più i benefici di una drastica riduzione sarebbero ancora più evidenti.