Roma, 24 nov. (AdnKronos Salute) - Progressi "straordinari" nella lotta all'Aids, malattia che oggi provoca meno casi e meno morti rispetto anche solo a pochi anni fa. Ma ci sono ancora importanti sfide da vincere per 'spezzare' l'epidemia. In vista della Giornata mondiale contro l'Aids 2015 del 1 dicembre, Unaids ha pubblicato il nuovo rapporto sulla malattia, in cui non mancano le luci. A giugno di quest'anno 15,8 milioni di persone erano in terapia antiretrovirale, più del doppio rispetto ai 7,5 milioni del 2010 (erano 2,2 milioni bel 2005). Non solo, il virus sembra aver rallentato la sua corsa: alla fine del 2014 Unaids stima che le nuove infezioni da Hiv fossero scese del 35% rispetto al picco del 2000, e anche le morti collegate all'Aids fossero diminuite del 42% rispetto al picco del 2004.
"Ogni cinque anni vediamo raddoppiare il numero delle persone sottoposte alle cure salvavita", ha detto Michel Sidibé, direttore esecutivo di Unaids. "Abbiamo bisogno di farlo solo una volta in più per interrompere l'epidemia di Aids ed evitare un rimbalzo". Il fatto di garantire un più ampio accesso alle cure significa che le persone con l'Hiv vivono più a lungo, e fanno una vita più sana.
Unaids stima che a fine 2014 nel mondo 36,9 milioni di persone convivessero con il virus. Una volta diagnosticata l'infezione, è fondamentale un accesso immediato alla terapia antiretrovirale, sottolineano gli esperti. L'obiettivo è semplice ma ambizioso: raddoppiare il numero di persone che accedono ai trattamenti antiretrovirali entro il 2020.
Un approccio Fast Track è determinante per raggiungere l'obiettivo 90-90-90: cioè il 90% degli infetti diagnosticato, e il 90% di questi in trattamento, con il 90% che ha raggiunto una soppressione della carica virale.
E contro l'Aids oggi è possibile un approccio personalizzato. "Oggi abbiamo più opzioni di prevenzione, e possiamo trovare quelle più adatte" per le diverse persone, ha detto Sidibé.
Il rapporto evidenzia come i programmi di prevenzione e di trattamento mirati, come la profilassi pre-esposizione per i soggetti a rischio, sono più efficaci se la loro offerta è davvero mirata. Occorre, insomma, intercettare le fasce di popolazione più vulnerabili. E combattere con forza la discriminazione e lo stigma, che possono allontanare dalle cure. "Tutti hanno diritto a una vita lunga e sana. Dobbiamo portare i servizi per l'Hiv alle persone più colpite - conclude Sidibé - e assicurarci che questi servizi siano offerti in un ambiente sicuro e rispettoso, con dignità e senza discriminazione".