Una città con una crescita esplosiva della popolazione, la prostituzione, siringhe infette, e i binari della ferrovia. Siamo negli anni Venti del Novecento nella Kinshasa coloniale, nella Repubblica Democratica del Congo: sarebbe in questa situazione che il virus dell’AIDS ha potuto diffondersi fino a diventare un’epidemia globale, quella che oggi conta quasi 75 milioni di persone infettate.
L'albero genealogico del virus. Un gruppo internazionale di ricercatori ha ricostruito in un affascinante studio che combina genetica, epidemiologia e storia la vicenda delle origini dell’AIDS. Quello che viene dato per assodato è che il virus dell’AIDS, la versione mutata di un virus delle scimmie, sia passato nell’uomo attraverso il contatto con sangue di scimpanzé infetti. Si pensa anche che questo passaggio sia avvenuto più di una volta in Africa centrale, agli inizi del Novecento.
Le circostanze dettagliate dell’origine dell’epidemia e il motivo per cui un ceppo particolare del virus, il tipo HIV-1 di gruppo M, sia riuscito a dare il via a un contagio su scala mondiale, mentre altri sottotipi del virus hanno avuto una circolazione più limitata, sono ancora oggetto di dibattito.
Secondo gli autori del nuovo studio, pubblicato su Science, non sono state tanto caratteristiche peculiari del virus a permettersi il diffondersi dell’epidemia, ma un insieme di condizioni storiche e sociali che hanno innescato un processo divenuto poi inarrestabile.
Il gruppo internazionale di ricercatori ha esaminato le sequenze genetiche di alcune centinaia di campioni del virus provenienti da varie zone dell’Africa negli ultimi cinquant’anni. Ha utilizzato la somiglianza fra le varie sequenze per ricostruire una specie di albero genealogico del virus.
Infine, ha applicato le conoscenze sul tasso di mutazioni del virus, il cosiddetto “orologio molecolare”, per datare l’origine dei vari rami dell’albero. Andando a ritroso nel tempo, i ricercatori identificano il momento della sua diffusione esplosiva nella Kinshasa degli anni Venti.
L'infezione viaggia in treno. A quel tempo la città si chiamava Léopoldville, faceva parte del Congo Belga ed era una città coloniale in forte espansione, cui affluivano centinaia di migliaia di lavoratori. La prostituzione era largamente diffusa, e insieme a questa, le malattie infettive.
Due fattori che probabilmente contribuirono alla diffusione del virus, secondo gli autori, furono l’abitudine di utilizzare negli ospedali siringhe non sterilizzate, e la forte espansione del traffico ferroviario che permetteva gli spostamenti delle persone.
Alla fine degli anni Quaranta, la ferrovia di Kinshasa, rimasta operativa fino agli anni Sessanta, trasportava un milione di persone l’anno.
Con i passeggeri di quei treni, il virus si sarebbe diffuso negli altri paesi africani e, poi, nel resto del mondo. Dall’inizio degli anni Ottanta, quando l’epidemia di AIDS è stata riconosciuta, è storia nota.