Roma, 27 nov. (AdnKronos Salute) - L’Hiv oggi fa meno paura. L'efficacia delle cure arriva al 90% ma in Italia, come nel resto dell'Occidente, solo la metà dei pazienti ne beneficia completamente. Mentre nel mondo, su circa 40 milioni di persone con Hiv, appena 15 milioni hanno accesso alle terapie antiretrovirali, ma nella pratica solo il 25% aderisce correttamente alle cure. Il resto delle persone non sa di avere il virus, non si presenta ai centri di cura o si perde in corso di terapia, e questo mantiene attivo il rischio di diffusione dell’infezione.
Serve quindi lavorare sulla continuità delle cure. Ma non può farlo il sistema sanitario da solo. Serve una forte sinergia con le associazioni dei pazienti. Parte da qui il progetto promosso dall’Istituto Spallanzani di Roma, che coinvolge 10 centri per la cura dell’Hiv in tutta Italia e le associazioni impegnate a livello nazionale nella lotta all’Aids e nel supporto alle persone con Hiv. Il tema è al centro del XXVIII Congresso nazionale Anlaids, che celebra anche i 30 anni di vita dell’associazione e che si svolge, oggi e domani, presso l’Istituto Spallanzani il XXVIII Congresso nazionale Anlaids, che celebra anche i 30 anni di vita dell’Associazione.
Negli ultimi 20 anni si sono rese disponibili terapie antiretrovirali sempre più efficaci, sono aumentate le diagnosi precoci e si è lavorato molto per il mantenimento in cura dei pazienti. Nonostante tutto però l’incidenza di nuove infezioni non è diminuita in Italia così come in altri Paesi occidentali. In Italia ogni anno si verificano circa 400 nuove infezioni e sono circa 60mila le persone con Hiv che non hanno una viremia controllata, con le conseguenze di rischio clinico e di trasmissione dell'infezione. Ad oggi si registra un significativo ritardo diagnostico e le persone hanno una diagnosi quando l’infezione è molto avanzata.
"Nel 2012 in Italia - evidenzia Enrico Girardi, direttore di Epidemiologia Clinica dell’Inmi Spallanzani - erano inconsapevoli del proprio stato di infezione da HIV tra le 10.000 e le 12.000 persone in Italia, pari a circa l’11-13% delle persone che hanno contratto l’infezione. Esistono poi persone che non accedono ai centri di cura o non ricevono un trattamento efficace o non lo assumono correttamente. Bisogna far si che le persone non abbandonino le terapie rischiando per sé stessi e per gli altri". L'aumento della sopravvivenza delle persone con infezione da Hiv sta anche cambiando le caratteristiche dell’epidemia, determinando fra l’altro una rapida crescita del numero di persone che necessita di trattamento e conseguentemente delle spese di assistenza.
"Lo Spallanzani - illustra il Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell'Istituto - è impegnato in 3 importanti progetti europei che riguardano : il mantenimento in cura delle persone con Hiv; la prevenzione dell’Hiv in persone vulnerabili e un progetto per migliorare la qualità di prevenzione di Hiv. Sul territorio nazionale è appena partito un progetto per un analisi sistematica delle preziose attività svolte storicamente dalle associazioni riguardo il mantenimento delle cure in pazienti con Hiv in modo da programmare in maniera sistematica ed omogenea le migliori modalità per mantenere le persone all’interno dei percorsi di cura".
Gruppi di auto aiuto, centri di orientamento e sostegno, azioni di counselling tra pari e non, materiali cartacei specifici, chat e forum tematici, sono gli strumenti maggiormente utilizzati dalle associazioni, così come i circuiti di accoglienza per le persone con Hiv/Aids, straniere ed emarginate, svolgono una preziosa attività di presa in carico e accompagnamento ai centri clinici. Lo studio intende mettere in rete le risorse, promuovere la valutazione delle diverse opzioni possibili di intervento, implementarle ed armonizzarle. Nello stesso tempo condurre una attenta analisi del bisogno e di quali possano essere le linee di sviluppo per la programmazione e lo svolgimento di strategie e interventi per l’ottimizzazione del 'mantenimento in cura'".