Una ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine ha confermato che in Africa si sta diffondendo il plasmodio resistente all'artemisinina e ai suoi derivati: ossia ai farmaci che rappresentano lo standard terapeutico per curare la malaria. Analogamente a quanto è avvenuto nel sud-est asiatico, il parassita africano ha infatti sviluppato una mutazione genetica che lo protegge dall'azione di questi medicinali, che risultano quindi molto meno efficaci. Il dato desta fortissime preoccupazioni, perché in Africa si registra oltre il 90% dei casi e dei decessi dovuti alla malattia.
Lo studio si è svolto fra il 2017 e il 2019 al St. Mary's Hospital Lacor di Gulu, nel nord dell'Uganda. In questo periodo, 270 bambini sono stati trattati con l'artesunato, un potente derivato dell'artemisinina, ma 14 di loro non hanno risposto alla terapia come avrebbero dovuto. Analizzando il genoma dei plasmodi prelevati dai piccoli pazienti, i ricercatori hanno individuato in particolare una mutazione sul gene kelch13, che rende questi parassiti insensibili al farmaco. Il gene kelch13 è mutato anche nei plasmodi resistenti che circolano nel sud-est asiatico, ma la mutazione africana è differente: segno - sottolineano i medici - che il ceppo africano non è stato "importato" dall'estero, ma si è evoluto qui, in modo indipendente.
In precedenza, sempre in Africa, erano stati identificati altri plasmodi con mutazioni sul gene kelch13, ma una effettiva resistenza ai farmaci era stata osservata solo in casi sporadici, per esempio in Rwuanda, come riporta The Lancet Infectious Diseases. Lo studio appena pubblicato mostra invece che la percentuale dei plasmodi insensibili ai farmaci è salita negli anni, passando dal 4% del 2015 al 20% del 2019.
Fortunatamente esistono ancora cocktail di farmaci antimalarici che permettono di curare la malattia, ma il fenomeno osservato preoccupa, perché è l'innesco di un processo che potrebbe portare a una diffusione incontrollata dei plasmodi resistenti. Si teme che possa ripetersi il disastro che si verificò quando in Africa si diffuse la malaria insensibile alla clorochina (uno dei primi antimalarici utilizzati): alla fine degli anni Novanta, questa malattia uccideva oltre un milione di bambini ogni anno.
Nel sud-est asiatico, dove la malaria resistente all'artemisinina è comparsa una quindicina di anni fa, la situazione è stata fronteggiata trattando tempestivamente i malati con i farmaci che ancora mostravano efficacia. La strategia ha fatto arretrare il plasmodio, ma sembra difficile applicarla in Africa, dove la malaria è molto più diffusa e le infrastrutture spesso carenti.