È morto oggi, a 97 anni, Renato Dulbecco, medico, biologo, e genetista italiano, premio Nobel per la Medicina nel 1975.
Nato a Catanzaro il 22 febbraio 1914, si era iscritto alla facoltà di medicina di Torino laureandosi nel 1934 con una tesi sul fegato e sulla bile. Successivamente aveva studiato fisica per approfondire l’effetto delle radiazioni nucleari sulle cellule. Poi era stato costretto a partire come ufficiale medico per la campagna sul Don in Unione Sovietica e tornato in Italia nel 1943 diventò antifascista e successivamente membro del Comitato di Liberazione nazionale.
Lotta al tumore
Era poi partito dapprima per gli Stati Uniti dove aveva lavorato allo sviluppo dei tumori presso il Calthech (California Institute of Technology) per poi trasferirsi nel 1972 all’Imperial Cancer Research Fund di Londra per approfondire i suoi studi oncologici per i quali aveva meritato il Nobel insieme a David Baltimore e a Howard Temin. Dulbecco nella sua lettura magistrale del 12 dicembre 1975 spiegava infatti gli oncovirus, i virus che, inserendo il loro genoma nei cromosomi delle cellule che infettano, le rendono tumorali. I suoi studi la via agli studi della genetica dei tumori. Mentre Baltimore e Temin aveva individuato l’enzima, la trascrittasi inversa, che trasferisce il materiale genetico di questi virus nella cellula.
Successivamente Dulbecco aveva rivolto i suoi studi all’origine e alla progressione del tumore del seno: usando anticorpi monoclonali, cioè strumenti molecolari che identificano selettivamente le cellule grazie a “firme” chimiche presenti sulla loro superficie, aveva iniziato a lavorare alla caratterizzazione delle cellule tumorali.
Il ritorno oltreoceano
Era poi tornato negli Stati Uniti presso il Salk Institute di La Jolla in California e a partire dal 1986 aveva proposto la collaborazione internazionale per la mappatura del genoma umano, meglio noto come Progetto genoma. E sull’onda di questa ricerca era tornato in Italia nel 1987 per coordinare i 29 gruppi di ricerca italiani lavorando presso il Cnr di Milano. L’ultimo suo studio risale al novembre 2008 quando sulla rivista scientifica Pnas dimostrava che era sufficiente iniettare una sola cellula staminale di tumore al seno (LA7, cellule staminali rarissime) nel tessuto mammario di topo per dare origine a un nuovo tumore mammario.