Roma, 27 gen. (AdnKronos Salute) - "E' evidente quanto sia fuorviante parlare di 'mancata applicazione della legge 194', come commentato da Saviano. Casi decontestualizzati, come quelli presentati nella trasmissione televisiva e rilanciati dallo scrittore, non possono essere considerati rappresentativi dell’intero sistema". A intervenire, in una lettera al direttore del settimanale 'L'Espresso' a proposito del commento di Roberto Saviano 'Se il diritto all’aborto c’è solo sulla carta', è Ranieri Guerra, direttore generale della Prevenzione sanitaria del ministero della Salute.
Guerra intende "chiarire a che punto siamo con l’applicazione della legge 194, in Italia, rispetto a quanto denunciato dallo scrittore e rappresentato nella puntata di 'Presa diretta', a cui si fa riferimento. Ricordo innanzitutto che ogni anno il ministero della Salute presenta al Parlamento una relazione sullo stato di applicazione della legge stessa (...) una delle raccolte dati più accurate, tempestive e affidabili nel panorama internazionale, in questo settore; è disponibile a tutti nel sito del ministero e basterebbe avere la pazienza di leggerla per verificare che la situazione in Italia non è quella descritta da Saviano".
"Gli aborti in Italia dai primi anni '80 a oggi sono più che dimezzati, secondo tutti gli indicatori, mentre il numero dei ginecologi non obiettori, in valore assoluto, è rimasto sostanzialmente costante: il risultato è che il numero di Ivg (Interruzioni volontarie di gravidanza) a carico di ciascun ginecologo non obiettore, per settimana, è sceso da 3,3 (nel 1983) a 1,6 (nel 2013), come media nazionale, considerando 44 settimane lavorative in un anno. Il carico di lavoro settimanale medio nazionale, quindi, per ciascun ginecologo non obiettore, è sempre stato basso, e comunque in 30 anni si è dimezzato".
"Anche nelle situazioni più critiche, ciascun non obiettore, a livello di singola Asl, ha a suo carico meno di dieci Ivg a settimana: un valore che consente lo svolgimento di altre attività, per i ginecologi non obiettori, e al tempo stesso non dovrebbe costituire problemi nell’accesso alle donne che richiedono l’Ivg", sottolinea.
"L’iniziativa di effettuare un particolare monitoraggio che analizzasse l’accesso ai servizi in rapporto all’obiezione di coscienza, elaborato a un livello di dettaglio regionale e sub-regionale, per ogni singola Asl - prosegue Ranieri Guerra - è ascrivibile a una precisa volontà politica del ministro volta proprio a sgomberare il campo dalle illazioni e segnalazioni, giunte fino in Parlamento e spesso focalizzate su questo tema delicato, purtroppo oggetto di strumentalizzazioni e congetture".
In conclusione, "singoli episodi, per quanto sempre dolorosi e inaccettabili, si riscontrano in ogni ambito sanitario e sono sempre oggetto di attente valutazioni, effettuate anche attraverso le ispezioni della task force ministeriale appositamente costituita, ma non possono e devono essere assunte a fenomeno nazionale.
In sintesi dobbiamo distinguere le singole criticità specifiche dall’articolazione dell’intero sistema, riconoscendone il funzionamento, quando documentato, come in questo caso. Un'ultima precisazione, sempre rispetto al testo di Saviano: nessun medico in Italia, fra chi effettua interventi di Ivg, potrebbe essere accusato di arricchirsi 'generando morte'. Nel nostro paese, infatti, non c’è mercato intorno all’aborto: gli interventi sono esclusivamente nel pubblico, o nelle strutture convenzionate, e quindi sono esclusi margini di guadagno personali".