L’abitudine di mangiare più volte al giorno, generalmente tre, è antichissima perché direttamente correlata alle esigenze fisiologiche. L’uomo si alimenta per rifornire l’organismo con le calorie e i principi nutrizionali, proteine, carboidrati, lipidi, necessari per vivere.
Ogni sei ore. Suddividere la razione giornaliera in più pasti permette di mantenere i livelli di nutrienti entro intervalli di concentrazione pressoché costanti nel tempo. Anche l’organismo favorisce l’instaurarsi di intervalli di sei ore circa, inviando segnali di necessità di rifornimento, come la fame, o di raggiunta saturazione, come la sonnolenza che segue un pasto troppo abbondante.
Religione, dieta e povertà. Alla necessità fisiologica talvolta si sovrappongono esigenze culturali, religiose, economiche. Nelle società occidentali la tendenza a consumare pranzi leggeri è dovuta ai brevi intervalli di lavoro, altre volte l’ossessione della dieta fa saltare volontariamente i pasti; espediente dannoso e anche inutile perché l’organismo reagisce al digiuno rallentando i suoi consumi e quindi bruciando meno calorie. Il digiuno o la riduzione dei pasti giornalieri sono imposti in specifici periodi anche da alcune religioni ma hanno appunto la caratteristica di sacrificio e rinuncia. Infine esistono ancora popolazioni che non hanno la possibilità, per motivi economici, di mangiare più di una volta al giorno in modo adeguato, con risultati disastrosi sul livello medio di salute della popolazione. Chi invece ha preso l’abitudine di fare tanti piccoli spuntini preconfezionati negli intervalli tra i pasti principali, come accade negli Usa, soffre in genere di obesità e diabete.