Quando andate in bagno a fare pipì e tirate lo sciacquone sappiate che state sprecando una interessante fonte di energia alternativa. Dalle urine si può ottenere infatti idrogeno a basso costo e carburante per celle a combustibile molto particolari (Focus.it, 31 agosto 2010)
I quasi 7 miliardi di abitanti del nostro pianeta producono ogni giorno 10 miliardi di litri di pipì. Una quantità di liquido immensa, sufficiente a riempire 4000 piscine olimpioniche, che finendo nello fognature, se non opportunamente trattata, rischia di provocare gravi danni all'ecosistema. E secondo Gerardine Botte, ingegnere chimico alla Ohio Univeristy, è anche un grande spreco di energia: dall'urina sarebbe infatti possibile estrarre idrogeno combustibile a costi molto più contenuti rispetto a quello ottenibile dall'acqua. Scindere le molecole di H2O per separarle in idrogeno e ossigeno è infatti un processo altamente inefficiente, perchè consuma molta più energia di quella ottenibile dall'idrogeno estratto.
Petrolio giallo
La pipì di uomini e animali è composta per il 2% da urea, una sostanza di scarto del catabolismo delle proteine, le cui molecole contengono 4 atomi di idrogeno uniti tra loro da legami molto deboli. Rompere questi legami e liberare le molecole del gas richiede molta meno energia rispetto a quella necessaria per effettuare la stessa operazione sulle molecole di acqua.
La Botte e il suo team sono già riusciti ad estrarre l'iderogeno per elettrolisi dell'urina: il processo richiede una tensione di soli 0,37 volt contro gli 1,23 necessari per effettuare l'elettrolisi dell'acqua. I ricercatori hanno calcolato in circa 0,8 €/kg il costo dell' idrogeno derivato dalle urine, e hanno ipotizzato che un ufficio con 300 lavoratori può produrre, in pipì, l'equivalente di 2 kWh di potenza elettrica, sufficienti per tenere accesi un paio di aspirapolvere per un'ora. Un po'pochino.
Dal pit stop al pipì stop
Per ovviare a questo inconveniente Rong Lan e John Irvine dell'Università di St. Andrews (Regno Unito) hanno pensato di utilizzare direttamente la pipì come carburante per una cella a combustibile. Un elettrodo (catodo), a contatto con una piccola quantità di acqua, libera ioni di idrossido che vengono attratti da un secondo elettrodo (anodo). Qui reagiscono con l'urea e formano nitrogeni, anidride carbonica e ed elettroni. Questi ultimi vengono incanalati su un circuito esterno che li riporta al catodo da cui è partito il processo. Gli scienziati sperano di riuscire presto a generare una quantità di corrente abbstanza intensa da da essere utilizzabile.
Il vantaggio di questo tipo di soluzione è evidente: quando la cella ha bisogno di carburante basta bere una birretta gelata, ma anche solo un bicchiere di acqua, e... fare un giro in bagno. Secondo Shanwen Tao, che ha realizzato un progetto simile alla Heriott Watt University di Edinburgo, un uomo adulto ogni anno potrebbe produrre pipì sufficiente ad alimentare la cella combustibile di un'auto elettrica per 2700 km.
In realtà la cella a pipì, secondo i suoi inventori, potrebbe funzionare molto bene nelle fattorie e negli allevamenti, dove gli animali possono mettere a disposizione grandi quantità di urina.
Nessuno di questi ricercatori è tuttavia convinto che la pipì possa essere la soluzione finale ai problemi energetici della Terra, ma qualunque nuova fonte alternativa può offrire un contributo significativo al pianeta.
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