Nel 1986, all'indomani del disastro nucleare di Chernobyl, il tedesco Gerhard Knies, esperto in fisica delle particelle, tentò alcuni calcoli sulla quantità di energia necessaria a soddisfare il fabbisogno dell'umanità, pensando di sfruttare l'energia pulita, quella del Sole, da raccogliere nelle zone desertiche del nostro pianeta. Knies stimò infatti che in sei ore i deserti di tutto il mondo ricevono più energia di quanto l'umanità ne consumi in un anno.
Secondo il ricercatore, un'area di circa 28mila chilometri quadrati (estesa poco più della Sicilia), se ricoperta di pannelli solari potrebbe produrre energia sufficiente alle esigenze europee, riducendo, fra l'altro, la necessità del Vecchio Continente di importare petrolio e gas da altri Paesi. L'attenzione, già da molti anni, si è ovviamente concentrata sul deserto africano del Sahara: talmente esteso che, se fosse una nazione, sarebbe la quinta più grande del mondo.
MILIARDI DI BARILI. Secondo Amin Al Habaibeh, docente di Intelligent Engineering Systems dell'Università inglese di Nottingham Trent, il deserto del Sahara potrebbe soddisfare oltre 7.000 volte il fabbisogno elettrico europeo, con una produzione equivalente a oltre 36 miliardi di barili di petrolio al giorno e con emissioni di carbonio ridotte quasi a zero.
Dati della Nasa alla mano, Al-Habaibeh considera che ogni metro quadro sulla Terra riceve ogni anno, in media, fra 2.000 e 3.000 chilowattora (in sigla KWh) di energia solare. In teoria, quella assorbita da ogni centimetro dei 9 milioni di kmq del deserto africano potrebbe rendere oltre 22 miliardi di gigawattora (GWh) all'anno.
DALL'AFRICA ALL'EUROPA. Un GWh corrisponde a 1 x 10^9 wattora (Wh), l'unità di misura definita come l'energia complessiva fornita se una potenza di un watt viene mantenuta per un'ora. Sempre a livello ipotetico, una fattoria solare che coprisse tutto il Sahara fornirebbe 2.000 volte più energia delle più grandi centrali elettriche del mondo, la cui produzione non va oltre i 100.000 GWh all'anno.
La vicinanza geografica del deserto all'Europa rappresenterebbe un ulteriore vantaggio, considerando per esempio che il più lungo cavo di alimentazione sottomarino copre 600 km fra Paesi Bassi e Norvegia, mentre la distanza minima fra Africa ed Europa è rappresentata dai 15 km dello Stretto di Gibilterra.
Non sono mancati, fino a oggi, i progetti mirati a estrarre l'energia solare dal deserto del Sahara: il più clamoroso, Desertec, era stato promosso nel 2009 dallo stesso Knies per realizzare entro il 2050 una vasta rete di campi di energia eolica e di pannelli solari in Medio Oriente e nel Nord Africa, connessi all'Europa attraverso cavi ad alta tensione.
Il progetto però si arenò pochi anni dopo, quando gli investitori si ritirarono per i costi molto alti, oltre che per le inevitabili complessità di natura politica e commerciale.
Altri progetti sono ora in fase di studio o di realizzazione, con l'idea di soddisfare in maniera sostenibile innanzitutto il fabbisogno energetico locale, ma anche una parte progressivamente crescente dell'Europa. Sono comunque numerosi gli impianti di dimensioni relativamente contenute che già operano nel Sahara.
TECNOLOGIE COMPLESSE. Le tecnologie utilizzate per produrre elettricità dal Sole sono principalmente due: la Csp (Concentrating solar power), energia solare concentrata, e i comuni pannelli solari fotovoltaici. La Csp focalizza in un punto l'energia solare attraverso lenti o specchi, accumulando in quell'area un immenso calore che genera elettricità per mezzo di turbine a vapore: è probabilmente la più indicata per l'ambiente desertico e le elevate temperature da gestire, ma lo svantaggio maggiore è che i sistemi di riscaldamento a turbina e vapore non rappresentano tecnologie semplici da gestire.
IMMENSO SERBATOIO. I pannelli solari fotovoltaici utilizzano invece i semiconduttori per convertire direttamente l'energia solare in elettricità; sono più pratici da utilizzare, soprattutto in impianti di piccola portata, ma diventano meno efficienti quando si riscaldano, dunque le temperature diurne del deserto possono rappresentare un grosso ostacolo. È da considerare poi come la sabbia trasportata dal vento possa facilmente ricoprire lenti, specchi e pannelli; nell'uso di entrambe le tecnologie, quindi, molte componenti necessitano di una costante pulizia, non facilissima nel deserto a causa della scarsità delle risorse idriche. Secondo gli esperti, dunque, la soluzione migliore sarebbe quella di integrare in qualche modo le due tecnologie in un sistema ibrido, in grado di sfruttare nella maniera più efficiente l'immenso serbatoio di radiazioni solari che si riversa in uno dei posti meno ospitali del nostro pianeta.
Roberto Mammì per Focus Domande & Risposte