Le centrali elettriche a carbone influiscono (negativamente) sull'ambiente e sulla salute con molto più della "semplice" anidride carbonica: bruciando, il carbone rilascia altri gas a effetto serra, particolato (come quelle particelle finissime che chiamiamo "fuliggine"), anidride solforosa, un nutrito catalogo di ossidi...
Per capire dove sia più urgente un'azione di contenimento degli inquinanti, il gruppo di ricerca coordinato da Stefanie Hellweg (Istituto di ingegneria ambientale di Zurigo, Svizzera) ha realizzato un modello di calcolo molto sofisticato per stimare gli effetti collaterali indesiderati prodotti dal carbone per ciascuna delle 7.861 centrali elettriche a carbone operative nel mondo.
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Panorama variegato. Lo studio, pubblicato su Nature Sustainability, mette in evidenza che Cina e Stati Uniti sono i due maggiori produttori di energia da carbone, e che le centrali elettriche in India producono il più alto tasso di inquinamento al mondo. Gli impianti dell'Europa centrale, degli Usa e della Cina sono (quasi) tutti relativamente moderni, mentre quelli di Russia, est europeo e India sono vecchi e inefficienti.
Le centrali più inquinanti probabilmente bruciano anche (o solo) carbone di bassa qualità e sono inadeguate sotto il profilo del trattamento dei fumi.
Per Christopher Oberschelp, uno dei ricercatori, «oltre la metà degli effetti sulla salute può essere ricondotta a un decimo delle centrali elettriche, che dovrebbero essere aggiornate o fermate il prima possibile».
Veleni di cattiva qualità. Il quadro globale della produzione di energia dal carbone mostra che, a livello globale, il divario tra regioni privilegiate e regioni svantaggiate si sta allargando.
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Tra i Paesi ricchi, dove è maggiore la sensibilità ambientale si sono fatte scelte più oculate sul fronte del carbone usando combustibile di alta qualità, con un alto potere calorifico (che a parità di massa produce più energia) e buone tecnologie di trattamento e abbattimento dei fumi. Per contro, i Paesi meno sviluppati (o meno sensibili), e che spesso sono grandi esportatori di carbone (come l'Indonesia, la Colombia, il Sudafrica), usano o trattengono per l'industria nazionale carbone di bassa qualità, che bruciano in centrali obsolete e inadeguate nel trattamento dei fumi e nel sequestro dell'anidride solforosa. Tuttavia, questo quadro non risparmia né assolve l'Occidente sensibile.
«In Europa contribuiamo di meno all'inquinamento diretto, ma la maggior parte delle emissioni inquinanti e dei danni alla salute si verifica soprattutto in Asia, dove l'energia elettrica da carbone è usata per produrre buona parte dei nostri prodotti di consumo», afferma Christopher Oberschelp.
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Il potere del carbone. Le risorse globali di carbone sembrano molto abbondanti e probabilmente dureranno per diverse centinaia di anni, quindi le emissioni nocive dovrebbero essere limitate per decisione politica.
«È importante, in particolare, abbandonare subito il carbone ad alto contenuto di mercurio e di zolfo, e chiudere le centrali più inquinanti», afferma Oberschelp. Ridurre gli effetti negativi sulla salute dovrebbe essere una priorità globale, «ma il processo di industrializzazione spinta, in atto specialmente in Cina e in India, rischia di aggravare la situazione. Il gas naturale dovrebbe progressivamente sostituire il cabone, e a lungo termine dovremmo puntare verso fonti energetiche rinnovabili.»
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