Energia

Il petrolio sta finendo? Sì, no, forse.

Il petrolio non si sta esaurendo:lo afferma un recente studio americano. Ma siamo sicuri che sia una buona notizia?

La notizia è di quelle che, a intervalli più o meno regolari, torna ad occupare le prima pagine dei giornali: il petrolio non si sta esaurendo. Se i consumi continueranno ai ritmi attuali, le riserve del nostro pianeta saranno sufficienti per i prossimi 70 anni.
Lo afferma uno studio pubblicato qualche giorno fa dal sito di informazione finanziaria Bloomberg in base agli ultimi dati resi noti dal Servizio Geologico degli Stati Uniti. Secondo gli scienziati dell'ente americano nel sottosuolo della Terra ci sarebbero almeno 2 mila miliardi di barili di greggio che attendono solo di essere estratti.

Perforazioni pericolose
Ma siamo sicuri che sia una buona notizia? In realtà negli ultimi anni le stime sulle riserve mondiali di petrolio sono diventate più ottimistiche perchè hanno iniziato a considerare sfruttabili anche i giacimenti della Patagonia, quelli Africani della Rift Valley e le sabbie bituminose dell'Alberta, in Canada.
Ciò che gli esperti di Bloomberg non quantificano nel loro report è l'impatto ambientale provocato dallo sfruttamento di queste risorse.

Tutto esaurito
La teoria sull'esaurimento del petrolio è stata formulata per la prima volta nel 1956 da King Hubbert, un geologo della Shell. Hubbert aveva previsto un picco nella produzione di greggio per l'inizio degli anni '70, al quale sarebbe seguito un inesorabile declino.
La teoria si rivelò giusta a metà: le riserve di petrolio effettivamente non sono infinite, ma le nuove tecnologie di prospezione e perforazione e il raggiungimento di depositi sempre nuovi, prima considerati inaccessibili, hanno più volte spostato in avanti nel tempo il picco di produzione. L'ultimo record risale allo scorso mese di novembre, quando la produzione mondiale si è attestata sui 90 milioni di barili al giorno.

Caccia al greggio

Oggi le moderne tecniche di prospezione geosismica permettono di esplorare in pochi giorni vasti tratti di fondo marino: speciali navi sparano nell'acqua fortissime cariche di aria compressa che mandano verso il pavimento oceanico violente onde d'urto. L'analisi del riflesso di queste onde sul fondo permette ai ricercatori di estrapolare dati sulla composizione del sottosuolo.
Se la ricerca del giacimento dà esito positivo la trivellazione viene affidata ad altre navi appositamente attrezzate, in grado di perforare i fondali marini fino a 8 km di profondità, in zone dove le classiche piattaforme non sarebbero mai potute arrivare.
Ma quindi... quando finirà il petrolio? Difficile dirlo con certezza, anche perchè molti paesi produttori, per esempio i Paesi Arabi, non diffondono informazioni sulle proprie riserve.

22 febbraio 2012 Franco Severo
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