L'11 marzo 2011 lo tsunami prodotto da un terremoto colpì la costa orientale del Giappone provocando (anche) il peggior disastro nucleare dai tempi di Chernobyl (26 aprile 1986).
L'onda che ha colpito la centrale nucleare di Fukushima ha messo fuori uso due reattori e gli impianti di raffreddamento di almeno una piscina di stoccaggio del combustibile esausto, con conseguenze drammatiche, che hanno portato all'evacuazione di oltre 100.000 persone che probabilmente non potranno mai rientrare nelle loro case.
Messi di fronte alle conseguenze di un disastro nucleare, era sembrato che i leader politici di tutto il mondo volessero procedere alla progressiva, ma definitiva, denuclearizzazione. Tuttavia, anche se gli investimenti in queste tecnologie hanno subito una iniziale battuta d'arresto, in particolare in Occidente, oggi sono ripresi: come si può vedere dal grafico, sono centinaia i rettori operativi e decine quelli in costruzione.
Fukushima o no, l'energia nucleare nel mondo cresce, soprattutto in Asia. Solamente in Cina i reattori in costruzione sono 24: in attività aumenteranno la capacità elettronucleare del Paese del 66%.
Ancora oggi la situazione a Fukushima è critica: non solo è impossibile fare previsioni per un ritorno alla normalità, ma in futuro potrebbero esserci altre e ancora più serie conseguenze. Tuttavia per molti Paesi, in particolare per le economie in rapida crescita e affamate di energia, il nucleare è una soluzione, spesso rivestita anche da motivazioni ambientaliste che fanno riferimento alla necessità di ridurre le emissioni prodotte dagli impianti a combustibili fossili.
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