Era un gas ricavato riscaldando carbon fossile in assenza di aria. A seconda della qualità di carbone, della temperatura e della durata della distillazione, si avevano gas con caratteristiche diverse. Per essere adatto all’illuminazione, il gas doveva avere un alto contenuto di idrocarburi pesanti (benzene ed etilene). La luminosità di una fiamma dipende infatti dalla quantità di particelle incandescenti di carbonio liberate dalla combustione degli idrocarburi. Maggiore è il peso dell’idrocarburo, maggiore il contenuto di carbonio e quindi il potere illuminante.
Poca luce e puzzolente. Purtroppo i processi di produzione non consentivano di ottenere gas con quantità maggiori di idrocarburi pesanti, per cui la luce era comunque scarsa. Anche l’acetilene, che dava una fiamma più brillante, non ebbe grande diffusione, a causa del suo odore sgradevole.
L’illuminazione a gas si rivelò più efficace solo dopo il 1880, quando Carl Auer scoprì che una garza impregnata di ossidi di torio e di cerio, sistemata attorno alla fiamma, diventava incandescente e aumentava di molto la luminosità. Oggi si utilizza il gas naturale, che non contiene idrocarburi pesanti ma metano e altri idrocarburi leggeri. La luce della sua fiamma è molto debole, ma il potere calorifico è il doppio di quello del gas di carbone.