In Italia il pieno di una vettura di media cilindrata è arrivato a costare più di 100 euro. Quello di un camion può sfiorare i 1000. Prezzi altissimi, che vanno a pesare sul bilancio delle famiglie e sui consumi. Scenario simile per ciò che riguarda il prezzo del gas: in assenza di interventi determinanti sul costo della materia prima da parte delle autorità pubbliche, il prossimo inverno vedrà molte persone costrette a scegliere se fare la spesa o accendere il riscaldamento.
I governi, soprattutto quelli occidentali, dal canto loro, stanno provando a contenere questo smisurato incremento dei prezzi dei combustibili fossili attuando politiche per alcuni aspetti incoerenti una con l'altra. Perché, se da una parte stanno incentivando lo sviluppo e l'adozione di fonti alternative e sostenibili, dall'altra stanno tagliando le imposte su gas, petrolio e derivati al fine di ridurre il prezzo per il consumatore finale.
Eppure per mantenere fede agli accordi di Parigi sul clima e contenere entro 1,5°C l'aumento della temperatura rispetto all'era preindustriale, occorre ridurre drasticamente l'utilizzo di combustibili fossili. E il modo più semplice per farlo, per quanto impopolare, è proprio quello di tenere alti i prezzi.
Energie pulite. I governi dovrebbero quindi essere così lungimiranti da utilizzare i proventi, cioè le tasse, derivanti dalla vendita a caro prezzo di gas, petrolio e carburanti vari per finanziare lo sviluppo di fonti alternative e per rendere più che competitivo il loro prezzo sul mercato. Solo così i cittadini saranno invogliati a scegliere energie pulite rispetto a quelle convenzionali.
Ma come si può tenere artificialmente alto il prezzo dei combustibili senza scatenare il malcontento tra i cittadini? Secondo uno studio dell'International Energy Agency tra il 2008 e il 2015 in ben 41 paesi ci sono state rivolte causate dal caro carburante.
Tasse, verdi tasse. Per evitare questo rischio i governi devono assicurarsi che da qui al 2050, data in cui si dovrebbe raggiungere il traguardo delle zero emissioni, le aziende del settore energetico tradizionale ottengano profitti sufficienti a remunerare lavoratori e azionisti ma non abbastanza alti per permettere di effettuare nuovi investimenti.
Ciò significa che qualunque extra profitto dovrebbe essere tassato e utilizzato per finanziare le energie pulite. E, nell'immediato, essere redistribuito alle famiglie sotto forma di contributi pubblici per affrontare il caro carburante. L'impennata dei prezzi degli ultimi mesi, pur essendo una vera tragedia per milioni di persone soprattutto nei Paesi più poveri, potrebbe insomma rappresentare un'occasione da non sprecare per accelerare la transizione energetica.