Considerate fino a poco tempo fa giocattoli esclusivi per ambientalisti ricchi, le auto elettriche iniziano a essere accessibili per un bacino di clienti sempre più ampio: incentivi pubblici, formule d'acquisto innovative e un'autonomia per certi versi paragonabile a quelle delle comuni vetture termiche, stanno rendendo l'auto elettrica una scelta possibile.
Ma la rete elettrica è pronta a ricaricare le batterie alle sempre più numerose ecar che nei prossimi anni arriveranno sul mercato? Già, perché la mobilità elettrica non sembra una moda passeggera: le principali case automobilistiche danno sempre più spazio a modelli elettrici nei loro listini e, per esempio, negli Stati Uniti General Motors prevede di non commercializzare più auto e furgoni tradizionali a partire dal 2035.
La corrente basterà. Partiamo dalle buone notizie: secondo gli analisti non ci sarà alcun problema di scarsità di energia elettrica. Ma la transizione verso un trasporto full electric dovrà essere graduale, così da garantire il funzionamento dell'intera infrastruttura e la soddisfazione della crescente domanda.
Il primo punto da smarcare riguarderà i punti di ricarica: oggi la maggior parte degli automobilisti elettrici dispone di un posto auto privato dove ha poter installare una colonnina di ricarica. Ma chi abita in un condominio e non ha un proprio posteggio, in Italia la maggior parte delle famiglie, dovrà per forza di cose appoggiarsi a punti di ricarica pubblici.
9.000 colonnine. E mentre negli Stati Uniti il Presidente Biden ha dichiarato di voler realizzare 500.000 colonnine entro il 2030, l'Italia si appresta ad avviare la costruzione di 9.000 stazioni di ricarica finanziate con fondi Europei.
Ma quanta corrente in più servirà per permettere la circolazione del parco auto di domani? Secondo gli esperti del Rocky Mountains Institute la domanda di energia potrebbe aumentare fino al 25%, un risultato raggiungibile nel medio periodo a patto di investire nella realizzazione di nuovi impianti produttivi e nell'aggiornamento della rete distributiva.
Rischio black-out. Se in un quartiere dove abitano 300 famiglie 30 dovessero decidere di convertirsi all'auto elettrica, potrebbe nascere qualche problema di capacità delle sottocentrali, che al momento potrebbero non essere dimensionate per sostenere la ricarica contemporanea, solitamente notturna, di tutte queste vetture.
Una ricerca condotta nel 2018 presso il Dipartimento dell'Energia dell'Università del Texas ha evidenziato che la maggior parte degli americani sarebbe disposta a sostenere un maggior costo della corrente elettrica finalizzato al potenziamento della rete, a patto di non dover più acquistare combustibili fossili.
RicAricare al momento giusto. La migrazione verso una mobilità sempre più elettrica porterà per forza di cose l'adozione di nuovi modelli di offerta anche da parte dei gestori. In California per esempio, dove durante il giorno gli impianti fotovoltaici garantiscono un costante eccesso di produzione di corrente, alcune aziende elettriche offrono sconti particolarmente vantaggiosi a chi sceglie di ricaricare la propria auto elettrica in orario diurno. Mentre fanno pagare a caro prezzo la ricarica notturna.
Altri gestori hanno invece deciso di controllare direttamente la ricarica di ogni vettura: quando un utente attacca la propria auto alla presa deve dichiarare quanto intende utilizzarla di nuovo, così che l'azienda elettrica possa ottimizzare la fornitura non sovraccaricando la rete.
Ma quanto è green? E poi c'è il tema ambientale: diversi studi condotti negli States confermano che a parità di chilometri percorsi le emissioni complessive di una e-car sono più basse rispetto a quelle di una vettura convenzionale, anche se la corrente per la ricarica è prodotta in impianti a gas o a carbone. A fare la differenza sarebbe la maggior efficienza del motore elettrico rispetto a quello termico.
C'è chi dice no. La transizione verso la mobilità elettrica non è però esente da critiche: ed è significativo che una delle più recenti venga dal Presidente di Toyota, tra le prime aziende ad investire nelle vetture a batteria.
Secondo Akio Toyoda una sostituzione troppo rapida del parco circolante con auto elettriche metterebbe in crisi l'intera filiera automobilistica e avrebbe costi insostenibili per l'adeguamento delle reti elettriche: oltre 350 miliardi di dollari solo in Giappone.
Senza contare l'aumento di emissioni di CO2 causato dalla nuova domanda di corrente elettrica, che nel Sol Levante è prodotta per lo più in impianti a gas e a carbone.