Per qualcuno la spinta è arrivata dalla voglia di fare un dispetto al destino, per qualcun altro è venuta come un gioco o una sfida, per altri è la molla è scattata dall'idea di usare il proprio corpo per entrare in contatto con la natura o con un’altra cultura.
In tutti i casi, il motivo conduttore è una parola di cinque lettere, sport, un'attività con una particolarità: esiste soltanto nella specie umana.
Tre modi di dire sport. A cercare di spiegare il perché, avvalendosi delle testimonianze di tre sportivi con alle spalle storie uniche e specifiche, è Dario Nardini, l’unico antropologo italiano dello sport.
Per l’atleta paralimpico lucchese Andrea Lanfri, per esempio, lo sport è stata una rinascita. Primo velocista con doppia amputazione degli arti inferiori ad essere riuscito a correre sotto i dodici secondi nei 100 metri piani, per Lanfri la vita è cambiata nel gennaio del 2015 quando, ricorda, «il "vecchio" Andrea ha lasciato il posto al mio "nuovo" alter-ego dopo una meningite fulminante che mi ha portato via le gambe. Me la ricordo bene la mia prima corsa, ho preso davvero una gran bella botta per terra… Ma da lì in avanti, tutto è cambiato». Prossimo obiettivo? Tokyo 2020.
Altro sport, altra storia, altro senso: un’asticella che sale e che continua a salire fino a sortire un grande risultato che, nel caso della campionessa di spada Mara Navarria, è la medaglia d’oro agli ultimi Mondiali in Cina.
Come un cambio delle lenti. Grazie allo sport, Navarria - che nel tempo è anche diventata mamma - ha trovato occhi nuovi per vedere il mondo imparando a proiettare gli insegnamenti che ha acquisito in quella che si è poi trasformata nella sua professione anche in altri contesti della sua esistenza.
Lo sport come strumento per vedere le cose da un’altra prospettiva, dunque. Ma anche per riconoscere se stessi, capirsi, mettersi in discussione e scoprire il limite oltre il quale l’umanità non è più in grado di spingersi nonché, sul lato opposto, per dimostrare, per esempio, «che una vita a basso impatto è possibile», ha spiegato Francesco Magistrali, Tripleader di Back Roads International, ciclista, trekker, yogi , «utilizzando il proprio corpo come uno strumento».