Storia

Vita, morte e miracoli... sulle lingue

Perché abbiamo cominciato a parlare? Come nasce una lingua e come muore? Ma soprattutto può risorgere? Questo Focus File vi svela tutti i segreti sulle lingue e la loro evoluzione...

Vita, morte e miracoli... sulle lingue
Perché abbiamo cominciato a parlare? Come nasce una lingua e come muore? Ma soprattutto può risorgere? Questo Focus File vi svela tutti i segreti sulle lingue e la loro evoluzione...

A volte basta uno sguardo per comunicare, come questa donna Mondari, tribù del Sudan (Africa).Nel continente africano comunque c'è la più alta concentrazione di idiomi diversi.
A volte basta uno sguardo per comunicare, come questa donna Mondari, tribù del Sudan (Africa).
Nel continente africano comunque c'è la più alta concentrazione di idiomi diversi.

"Ciao", "Hello", "Hola", "Servus", "Ia orana", "Woapanacheen": sono solo alcuni modi di salutare. Ma ce ne esistono moltissimi, tanti quanti sono le lingue parlate nel mondo. Se ne contano circa 6000: dall'italiano allo spagnolo, dal tahitiano al lenape. La cifra esatta è difficile da definire perché spesso non c'è netta distinzione tra lingua e dialetto e perché, soprattutto nel bacino amazzonico, in Africa centrale e in Nuova Guinea, nuovi idiomi vengono continuamente scoperti.
Le lingue ci servono per comunicare, per trasferire pensieri ed emozioni, fanno parte dell'identità culturale di una popolazione, ci accomunano se le capiamo e ci allontanano se non le conosciamo.

Le prime primitive parole...
Ma è possibile risalire a quando l'uomo ha pronunciato la sua prima parola? I nostri antenati, non ancora sapiens ma già Homo, non erano in grado di formulare frasi. Secondo gli esperti né gli Homo erectus né gli habilis e tanto meno gli australopiteci, andando indietro di 5 milioni di anni tra i primi ominidi, avevano le capacità fisiologiche per parlare.
Si hanno dubbi anche se considerare parlanti i neandertaliani, uomini molto simili a noi vissuti in Europa da 70 mila a 35 mila anni fa. Qualche grugnito i primi, qualche suono fatto di poche consonati e vocali con semplici significati i secondi, ma soprattutto gesti. Solo con l'Homo sapiens sapiens, dopo un lungo processo di evoluzione, si avrà la nascita del linguaggio articolato circa 40 mila anni fa, tra Europa e nord Africa.

La famiglia numerosa delle lingue
Durante il Paleolitico superiore, quando anche lo sviluppo artistico era già avanzato con una ricca produzione di manufatti e oggetti artistici, gli uomini, spronati probabilmente da questa vivacità culturale, furono pronti anatomicamente e socialmente per iniziare a parlare. In seguito si ebbe una lenta nascita delle diverse lingue anche se ancora oggi molti aspetti di tale diversificazione sono avvolti nel mistero.
Basti pensare alla lingua di casa nostra. Oltre a essere idioma neolatino, l'italiano appartiene alla famiglia indoeuropea, insieme di più di 400 idiomi, che probabilmente discende da un'unica lingua madre nata circa 3000 anni prima di Cristo.
I primi a parlare il proto-indoeuropeo furono, forse, i kurgàn, popolo delle regioni meridionali della Russia che poi invase l'Europa e l'Asia del sud. Ma prima delle lingue indoeuropee cosa si parlava in Europa? Difficile dirlo anche se la presenza del Basco ne dà un indizio. Questa lingua è infatti l'unica testimonianza rimasta di un idioma, ancora parlato, molto antico che non ha nessuna parentela con l'indoeuropeo. La sua origine? Persa nella notte dei tempi.

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Perché abbiamo cominciato a parlare? Come nasce una lingua e come muore? Ma soprattutto può risorgere? Questo Focus File vi svela tutti i segreti sulle lingue e la loro evoluzione...

In Papua Nuova Guinea non s'era mai visto un gatto prima che fossero gli Europei a portarlo: lo hanno chiamato come i maiali.
In Papua Nuova Guinea non s'era mai visto un gatto prima che fossero gli Europei a portarlo: lo hanno chiamato come i maiali.

Paesaggio che trovi, linguaggio che parli
Nel mondo, oltre all'Indoeuropeo, esistono altre venti famiglie linguistiche con storie e progenitori diversi che attraverso migrazioni e colonizzazioni si sono diffuse nel mondo. E a plasmarle hanno contribuito anche le condizioni ambientali.
Si pensi, per esempio, al bisogno degli Inuit, popolazione indigena delle regioni artiche, di descrivere con ben una ventina di termini la neve e le sue diverse consistenze: quando cade, quando è bagnata, quando è fresca… E senza scomodare i popoli del lontano Nord, anche in alcuni dialetti alpini esistono diversi termini per la parola neve.
Per contro se non si vive immersi in una perenne coltre bianca e il freddo è un evento straordinario, basta un unico vocabolo come nel caso di alcune lingue del centro America.

Anche i maiali si arrampicano sugli alberi?
E se qualcosa non esiste che bisogno c'è che abbia un nome? In alcune isole della Papua Nuova Guinea gli unici animali presenti erano sempre stati i maiali. Quando gli europei portarono con sé il gatto, gli indigeni cominciarono a chiamarlo maiale con gli artigli che si arrampica sugli alberi che diventò il nome per il comune felino. Insomma, non avere un vocabolo non vuol dire non avere fantasia.
I Piraha, poi, sono un popolo amazzonico che conta poco più di duecento persone. Loro però non lo sanno perché nel vocabolario (solo parlato) non si trovano numeri superiori a uno e due: per quantità superiori l'unico termine a loro disposizione è “molti”. In alcune lingue invece non compare la parola libertà e in altre, sicuramente meno grave, per il blu e l'azzurro si usa lo stesso vocabolo.

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Mi messaggi? No, chattiamo...
Seguendo la genesi e la storia dei vocaboli è possibile verificare le trasformazioni subite dalla lingua nel tempo. Guardando un film degli anni '40 o leggendo la Divina Commedia, le differenze con l'italiano moderno saltano all'occhio. Ma se per noi l'”Inferno” di Dante è ancora leggibile, il francese o l'inglese del '400 sono così diversi da quelli odierni che per comprenderli non bastano le note a margine.
A volte cambia il suono di un vocabolo, altre volte muta la grammatica, altre volte ancora è la nascita di una nuova parola a far evolvere il vocabolario. È il caso di neologismi come messaggiare, videofonino, badante. I nuovi termini possono essere l'evoluzione di un vecchio vocabolo, la fusione di due diversi o possono provenire da altre lingue. Blitz (dal tedesco) è stato importato in italiano tale e quale, altri sono “italianizzati” come il verbo inglese to chat al quale è aggiunto la desinenza -are.
D'altronde dall'inglese si continua a prendere a piene mani: tra le lingue moderne è infatti quella in cui si ha più l'imbarazzo della scelta visto che è l'idioma con il vocabolario più vasto (490 mila termini di linguaggio corrente e 300 mila di linguaggio tecnico). Un neologismo di successo è stato certamente “cavaliere”: preso dal provenzale 1000 anni fa, è tuttora in uso.

L'estremo addio a una lingua che muore
Ma se una lingua non riesce a evolversi, a inventare nuove parole o sempre meno persone la parlano, perché sopraffatti da culture più forti, allora può anche morire. Secondo gli ultimi dati dell'Unesco circa la metà degli idiomi attualmente parlati è in pericolo e qualcuno è già scomparso. Come nel caso del gaelico mannese parlato sull'isola di Man: nel 1974 è morto Ned Maddrell, l'ultimo madrelingua. Non solo lui non aveva nessuno con cui parlare, altri cinquanta madrelingua di altrettante lingue, secondo le ultime ricerche, non hanno più interlocutori.
Così, a salvaguardia di questo delicato patrimonio, è nata un'organizzazione internazionale che lavora in difesa delle lingue meno parlate del mondo: www.sil.org (in inglese). Le lingue “forti” di cui temere l'attacco sono il cinese, parlato ormai da una persona su 6 in tutto il mondo e l'inglese che entro il 2050 sarà usato da almeno metà della popolazione mondiale.

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La lingua vietnamita unisce elementi delle lingue mon-khmer, tai e cinese: quest'ultima è l'idioma più parlato al mondo.
La lingua vietnamita unisce elementi delle lingue mon-khmer, tai e cinese: quest'ultima è l'idioma più parlato al mondo.

A volte ritornano...
Possibile per una lingua risorgere dalle proprie ceneri? È quel che è successo all'ebraico, caduto nel dimenticatoio dai tempi di Gesù Cristo e usato solo in cerimonie religiose e scritti sacri ma non più parlato. Questo idioma, rivisitato in forma moderna, è dal 1948 la lingua ufficiale dello stato d'Israele.
Dopo il ritorno degli ebrei in terra di Palestina alla fine del 1800, i coloni che nei secoli della Diaspora avevano adottato le lingue dei luoghi che li ospitavano, sentirono infatti il bisogno di parlare la stessa lingua. Elizier Ben Yehuda, ebreo arrivato in Terra Santa dalla Lituania, insegnò a figli e parenti l'ebraico, adattandolo alle esigenze moderne e lanciando il sasso.

Nate a tavolino
Come se non bastassero le oltre 6000 lingue naturali, c'è chi sente il bisogno di inventarne di nuove. A tavolino, studiosi e linguisti, hanno creato parole e grammatiche di lingue artificiali. Per gioco, per dar sfogo alla fantasia o per migliorare la comunicazione tra popoli sono nate l'esperanto, l'interlingua e l'ido, solo per citarne alcune. Anche il klingon, curiosa invenzione ad opera di Marc Okrand per il film Star Trek, è una lingua artificiale con tanto di Istituto che la promuove, libri tradotti e vocabolari per impararla.

Paola Grimaldi

27 luglio 2005
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