Il nome di Salvatore Todaro, eroe dimenticato della Seconda guerra mondiale, sta diventando familiare al grande pubblico grazie al film Comandante (2023) di Edoardo De Angelis - che ha inaugurato il 30 agosto la Mostra del Cinema del Venezia 2023. Ecco la straordinaria vita del comandante siciliano della Regia Marina interpretato al cinema da Francesco Favino e raccontata nell'articolo Guerra&Cuore di Gastone Breccia (tratto dagli archivi di Focus Storia).
Guerra&Cuore. "Sfortunato il popolo che ha bisogno di eroi", afferma il Galileo di Bertolt Brecht in una delle scene più famose del teatro contemporaneo. In realtà, tutti ne abbiamo bisogno: gli eroi sono uomini e donne capaci di andare oltre i limiti del conformismo, della prudenza, dell'istinto di conservazione, per compiere azioni a vantaggio di altri. Mostrano una strada difficile, ma giusta. Dunque: sfortunato il popolo che non sa riconoscere gli eroi, si potrebbe dire. O che non sa di averli.
Il comandante Salvatore Todaro, messinese, classe 1908, morto in combattimento nel dicembre 1942, è uno degli eroi italiani che dovremmo ricordare: soprattutto oggi, visto che il Mediterraneo è di nuovo una liquida frontiera che divide, non un passaggio che unisce, e spesso diventa una tomba per esseri umani che non riusciamo a salvare.
Inizio difficile. La vicenda di Salvatore Todaro è straordinaria. Entrato all'Accademia navale di Livorno nel 1923, nominato guardiamarina nel 1927 e tenente di vascello l'anno successivo, dopo un corso specifico venne assegnato a un reparto idrovolanti come osservatore. Il 27 aprile 1933, a La Spezia, il suo aereo (un Savoia-Marchetti S.55) ebbe un incidente, e Todaro subì una grave lesione alla colonna vertebrale: chiese e ottenne di restare in servizio attivo, ma da allora fu costretto a portare un busto in ferro che gli causava sofferenze tali da costringerlo in casi estremi a ricorrere alla morfina. Passato ai sommergibili, nel maggio del 1937 gli venne affidato il battello costiero H.4, e poi – sempre durante la Guerra Civile Spagnola – il Macallè e il Jalea, classificati "da piccola crociera".
CAPITANO della Regia marina. Il 1° luglio 1940, meno di un mese dopo l'entrata in guerra del Regno d'Italia contro l'impero britannico e la Francia, Todaro fu promosso capitano di corvetta al comando del Luciano Manara; finalmente, dal 26 settembre, gli venne affidato il nuovo sottomarino oceanico Comandante Cappellini, una delle 11 unità della classe Marcello, che rappresentava allora il meglio di cui disponesse la flotta sommergibili della Regia Marina: 73 metri di lunghezza e 1.060 tonnellate di dislocamento in emersione, armato con due cannoni da 100 mm in coperta, due impianti binati di mitragliatrici antiaeree Breda da 13,2 mm e otto tubi lanciasiluri da 533 mm, con una dotazione di 16 siluri.
SALVATAGGIO IN ALTO MARE. Il Cappellini salpò da La Spezia il 28 settembre 1940 diretto alla nuova base dei sommergibili italiani a Bordeaux (nome in codice Betasom); Todaro riuscì a forzare lo stretto di Gibilterra – sfuggendo ai cacciatorpediniere britannici e ai campi minati – e iniziò la sua prima crociera atlantica il 3 ottobre. Dodici giorni dopo, alle 23:15 del 15 ottobre, navigando in superficie, il Cappellini avvistò una nave che procedeva a luci spente; Todaro decise di attaccarla, benché non fosse certo della sua nazionalità, visto che alle navi neutrali era vietato procedere in oscuramento totale: "È una nave con un cannone che naviga a luci spente in zona di guerra. Io la affondo".
Ben presto si trovò preso di mira dal pezzo di coperta del mercantile. Il Cappellini manovrò per offrire il minimo bersaglio al nemico, contemporaneamente portando in batteria entrambi i cannoni da 100 mm, che colpirono più volte la nave, incendiandola. Finalmente Todaro poté distinguerne il nome e la bandiera: era il Kabalo, piroscafo belga di 5.186 tonnellate di dislocamento. Un mercantile di un Paese ancora neutrale.
Scelta coraggiosa. Quando il Kabalo andò a fondo, gli uomini del Cappellini avvistarono prima cinque uomini in acqua, prontamente recuperati, poi una lancia con 21 persone a bordo, tra cui il comandante del mercantile, il capitano Georges Vogels. Todaro prese allora una decisione coraggiosa, che andava contro gli ordini cui dovevano attenersi i sottomarini in zona di guerra: non abbandonare i naufraghi, ma rimorchiare la scialuppa fino al porto sicuro più vicino, nelle Azzorre, distante quasi 400 miglia.
Per procedere più rapidamente, Todaro fu costretto dopo un giorno di navigazione ad accogliere a bordo tutti i superstiti del Kabalo, molti sistemati nella falsatorre di coperta: da quel momento il Cappellini procedette in condizioni di sovraffollamento tali da impedire l'immersione, una scelta che esponeva il sommergibile alla distruzione certa qualora avesse incontrato unità di superficie o aerei nemici.
Pericolo scampato. Cosa che accadde davvero il mattino del 18 ottobre, quando incrociò la rotta di un convoglio inglese: ma Todaro, dopo essere stato bersagliato da una delle navi di scorta, trasmise un messaggio in chiaro in cui spiegava la situazione – aveva naufraghi belgi a bordo, e stava navigando per portarli in salvo, quindi chiedeva... una tregua. Il commodoro britannico si fidò di lui, diede ordine di cessare il fuoco e lo lasciò passare.
Il Cappellini raggiunse le Azzorre all'alba del 19 ottobre; tutti i superstiti del Kabalo vennero sbarcati sani e salvi e sopravvissero alla guerra.
L'ULTIMA MISSIONE. Non così il capitano di corvetta Todaro. Dopo una seconda crociera in Atlantico, durante la quale affondò prima il mercantile armato Shakespeare (5 gennaio 1941) e poi il piroscafo Eumaeus, adibito al trasporto truppe (14 gennaio 1941), entrambi britannici ed entrambi a cannonate (Todaro era uno strano sommergibilista, visto che si fidava poco dei siluri), chiese e ottenne di essere trasferito alla Xa flottiglia MAS. Nonostante i successi, e i pericoli costanti delle operazioni nell'oceano, Todaro cercava un altro tipo di combattimento: era fatto per guidare uomini e mezzi all'assalto in superficie, e poté farlo durante il duro assedio di Sebastopoli, in Crimea, dove si guadagnò la terza medaglia d'argento al valore militare (giugno 1942).
La fine di un eroe. Rientrato brevemente in patria, nel novembre 1942 venne assegnato al comando del motopeschereccio armato Cefalo che operava dall'isola di La Galite, a nord della costa della Tunisia: qui pianificò un audace attacco contro la base nemica di Bona. Al termine della missione, mentre rientrava in porto, nella notte tra il 13 e il 14 dicembre 1942 il Cefalo venne mitragliato a bassa quota da uno Spitfire britannico. Todaro rimase ucciso da una scheggia. Il comandante, cui venne conferita la Medaglia d'oro al Valor militare alla memoria, è sepolto a Livorno, dove abita la seconda figlia, venuta alla luce dopo la sua morte. Il suo ricordo e il suo esempio sono vivi nella Marina militare grazie al sottomarino S-526 Salvatore Todaro, entrato in servizio nel 2006.
Questo articolo è tratto da Focus Storia. Perché non ti abboni?