Storia

Vaccini: chi sono stati i primi no vax?

Ieri come oggi, i vaccini si portano dietro un fardello di polemiche: la prima volta contro le pratiche vaccinali anti vaiolo, nel XVIII secolo.

Oggi non ci vacciniamo contro il vaiolo perché non è più necessario: la malattia è stata dichiarata eradicata dall'Oms nel 1980, grazie alla diffusione del vaccino in tutto il mondo. Ma nei secoli, il virus si era già propagato in Europa almeno dal XVI secolo, la malattia è stato un flagello: si calcola centinaia di milioni di vittime solo nel XX secolo, un numero cinque volte superiore ai morti della Seconda guerra mondiale.

Pionieri no vax. Per portare a compimento "l'annientamento della più tremenda piaga della specie umana", come la definì Edward Jenner (1749-1823), il medico che mise a punto il vaccino, non bastò diffondere il rimedio, ma fu necessario vincere le resistenze della propaganda antivaccinista, che prese piede in tutta Europa (Italia compresa), tra '800 e '900, in seguito al graduale obbligo della profilassi vaccinale (1888, in Italia). Il movimento, appellandosi alla rivendicazione della libertà di scelta e all'etica della responsabilità individuale, limitata dallo Stato in nome della salute pubblica, era in grado di mobilitare le masse, soprattutto nelle grandi città, suscitando un'ondata di proteste. Ma facciamo un passo indietro, perché è la variolizzazione (pratica empirica, antenata della vaccinazione contro il vaiolo), che rappresenta la preistoria dell'esitazione vaccinale dei nostri giorni, anticipandone i motivi: scetticismo, diffidenza, dubbi sull'efficacia e la sicurezza.

Illuminismo contro oscurantismo. Nel Settecento il dibattito era tra gli "illuministi", che ritenevano la pratica una difesa contro la cieca ignoranza e tra gli "oscurantisti", che si opponevano a quella che consideravano un'offesa contro il creatore. In contrapposizione all'oscurantismo religioso, in Italia si consolidò un movimento nei circoli aristocratici e alto borghesi, con il supporto di intellettuali come Giuseppe Parini, Cesare Beccaria e Pietro Verri, per sostenere i medici che praticavano la variolizzazione. A onor del vero, però, i no vax dell'epoca non avevano tutti i torti: la pratica d'inserire con un'incisione sulla pelle di un paziente sano il pus prelevato dalle lesioni di un malato, in uso fin dal X secolo in Cina, se andava bene provocava una forma lieve di vaiolo (perché la via di trasmissione più aggressiva del microbo è quella polmonare), ma poteva anche essere molto pericolosa: diffondeva il contagio usando un virus umano vivo, attenuato in modo rudimentale, e in alcuni casi portava a una forma virulenta della malattia che conduceva alla morte.

Un'illustrazione ottocentesca rappresenta Edward Jenner mentre vaccina un bambino di 8 anni.
Un'illustrazione ottocentesca rappresenta Edward Jenner mentre vaccina un bambino di 8 anni. © Everett Collection / Shutterstock

Geniale intuizione. Solo l'invenzione di un vaccino effettivamente sicuro, scoperto da un medico di campagna inglese, Edward Jenner, che nel 1796 estrasse da una donna del materiale dalle lesioni da vaiolo bovino e lo iniettò in un bambino di otto anni rendendolo immune, rappresentò il primo passo verso la liberazione dal flagello del vaiolo.

Nel 1853 in Inghilterra fu emesso il Vaccination act che prevedeva l'obbligo di vaccinare contro il vaiolo tutti i bambini nati dopo il 1 agosto 1853. Alla fine del XVIII secolo, a Londra, il vaiolo era responsabile del 9% di tutte le morti, nella seconda metà del XIX la percentuale si era ridotta all'1%.

Rischio-beneficio. Nell'Ottocento, l'entusiasmo delle élites politico culturali e la graduale accettazione in ambito religioso della pratica vaccinale non corrispose a una altrettanto buona accoglienza da parte del popolo. La "componente animale" infatti era vista con sospetto: la paura più diffusa era che producesse effetti collaterali, o predisponesse ad altre malattie, insomma che i rischi fossero superiori ai benefici. In effetti, anche in questo caso, i timori non erano del tutto infondati. «I rischi, ostinatamente negati dai vaccinatori e dai responsabili di strutture e commissioni vacciniche pubbliche, esistevano, per quanto la pratica fosse infinitamente meno rischiosa della variolizzazione.

Il "pus vaioloso", prima che si arrivasse alla standardizzazione della produzione del vaccino, non sempre era di buona qualità per varie ragioni (in primo luogo conservazione e trasporto), e poteva essere contaminato da batteri. Col tempo, si moltiplicarono gli eventi avversi, come la trasmissione della sifilide nel passaggio della linfa vaccinica di braccio in braccio», spiega Eugenia Tognotti, docente di Storia della medicina all'Università di Sassari. Intanto gradualmente veniva allo scoperto un altro grosso limite: «il materiale immunizzante perdeva progressivamente la sua efficacia e non proteggeva dal vaiolo per tutta la vita, come "dogmaticamente" aveva sostenuto Jenner, quindi bisognava rivaccinarsi», conclude Tognotti.

... Per sterminare i bambini... Alla fine del secolo, nonostante i progressi raggiunti sulla sicurezza dal trattamento immunizzante,  nacque la prima Lega italiana antivaccinazione fondata da Carlo Rauta, professore di Materia medica all'Università di Perugia. Il "pioniere dei no vax", nel 1898, nei ricorsi presentati al ministro dell'Interno contestava l'obbligatorietà della vaccinazione antivaiolosa.

Durante la primavera del 1917, in concomitanza con la diffusione di una nuova epidemia, mentre già infuriavano le proteste contro la guerra e la mancanza di generi alimentari, da nord a sud si diffuse una diceria complottista: il vaccino conteneva del veleno ed era un mezzo usato dal governo per sterminare i bambini, in modo da ridurre i sussidi alimentari alle famiglie degli uomini chiamati al fronte. Ovunque le madri appartenenti ai ceti più bassi ritirarono i figli da scuole e asili per non doverli rivaccinare. I tumulti era talmente diffusi che nel febbraio 1918 il ministro degli Interni Vittorio Emanuele Orlando diede ordine ai prefetti di svolgere "un'azione attivissima e illuminata per combattere l'insana propaganda".

Francobollo stampato nel 1972 per celebrare la diffusione del vaccino contro il vaiolo in Africa.
Francobollo stampato nel 1972 per celebrare la diffusione del vaccino contro il vaiolo in Africa. © TNMDesign / Shutterstock

Alleanza tra scienza e politica. Dopo il riproporsi di vari focolai in tutto il mondo, nel 1966, l'Oms fu costretta a un ennesimo appello a tutti gli Stati a compiere uno sforzo per eradicare la malattia: fu l'unico caso di collaborazione tra Usa e Urss, durante la Guerra fredda. I due Stati mandarono oltre 140 milioni di dosi l'anno per ciascuno, più consulenti e attrezzature in venti Stati dell'Africa Occidentale. E nel giro di tre anni e mezzo la malattia fu debellata in questa zona del mondo. L'obbligo della vaccinazione antivaiolosa rimase ancora effettivo per un decennio, finché nel 1977, in Italia, fu presentato un disegno di legge sulla "sospensione della vaccinazione antivaiolosa", abolita definitivamente anche dall'Oms nel 1981.

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Questo articolo è tratto da "Pionieri no vax", di Paola Panigas, pubblicato su Focus Storia 183 (gennaio 2022).

24 dicembre 2021 Paola Panigas
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