Nell'agosto del 1619, a Point Comfort, in Virginia, prima colonia inglese nell'America settentrionale, approdò la fregata White Lion con a bordo venti uomini di origine africana (negroes) destinati a essere venduti come lavoratori. Tre giorni dopo la Treasurer arrivò con altra "merce umana". I due eventi sono tradizionalmente considerati l'inizio della schiavitù in America, anche se probabilmente quei primi africani giunti in Virginia furono acquistati come "servitori a contratto", seguendo una modalità d'impiego diffusa all'epoca: la "servitù da debito".
Da servi a schiavi. Si trattava di un sistema in cui la manodopera non percepiva salario, ma lavorava per un certo periodo di tempo per ripagare un debito. Finiti i termini concordati, si tornava liberi. La servitù a tempo si rivelò però poco conveniente per i proprietari delle grandi coltivazioni, e così, a partire dalla metà del Seicento, venne a poco a poco sostituita dal sistema prettamente schiavistico, ossia basato sul possesso del lavoratore.
Superiori per legge. Già al momento della dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti (4 luglio 1776), tutte e tredici le colonie originarie avevano sancito la schiavitù attraverso specifici Slave Codes, e per legittimare la "proprietà privata" di esseri umani si era chiamata formalmente in causa la superiorità della razza bianca. Con l'adozione della schiavitù negli Usa si era aggiunto l'ultimo tassello alla "tratta atlantica", la più imponente migrazione forzata della Storia (oltre 11 milioni di africani deportati tra il XVI e il XIX secolo).
Sotto controllo. Per garantire la stabilità dell'organizzazione schiavista, la legislazione s'impegnò a esercitare un forte controllo sociale sui neri, impedendone per esempio la libera circolazione, l'aggregazione e, in alcuni casi, l'istruzione. Ciò non impedì agli schiavi di coalizzarsi contro i loro padroni, anche se ogni tentativo d'insurrezione fu puntualmente soffocato nel sangue e punito con esecuzioni esemplari. Celebre il caso della rivolta scoppiata nel 1831 nella Contea di Southampton, guidata dallo schiavo predicatore Nat Turner. In quell'occasione furono uccisi oltre duecento schiavi: un numero ben superiore agli effettivi responsabili della sommossa.
Tratta interna. La rapida espansione territoriale degli Usa seguì la crescente domanda internazionale di tabacco e soprattutto di cotone, e la diffusione di nuove imprese agricole nel sud del Paese innescò presto anche una "tratta interna" di schiavi, nota come Second Middle Passage. Secondo i numeri forniti dai ricercatori David Eltis e David Richardson (Atlas of the Transatlantic Slave Trade, Yale Univ.
Pr. 2010), nei decenni compresi tra la ratifica della Costituzione degli Sati Uniti (1787) e la Guerra civile (1861), la tratta mobilitò circa un milione di individui, ossia più del doppio di quelli deportati direttamente dall'Africa.
Liberi? All'inizio del XIX secolo, a neanche cento anni dalla loro nascita, gli Stati Uniti si ritrovarono spaccati in due: al Sud si era delineato un modello di vita rurale e conservatore basato sullo sfruttamento degli schiavi, mentre al Nord l'economia era orientata verso la produzione industriale e la schiavitù era stata gradualmente abolita dalla fine del Settecento. Le tensioni create da tale divario socio-economico sfociarono nel 1861 nella sanguinosa Guerra di Secessione Americana. Alla base vi fu proprio la volontà dei nordisti di imporre l'abolizionismo su tutti gli Usa, volontà finalizzata peraltro a un'espansione industriale nelle terre del Sud. A ogni modo, alla fine della guerra, nel 1865, entrò in vigore il XIII emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti d'America, che sanciva l'abolizione della schiavitù. La libertà era stata conquistata, sulla carta.