Le religioni sono associate anche alla fede in entità superiori che si occupano della moralità dell'uomo, proteggono i virtuosi e puniscono i trasgressori, ma questo concetto è tutto fuorché universale. Da tempo gli antropologi sanno che le piccole società tradizionali (quelle che un tempo, e da una ingenerosa prospettiva, sarebbero state definite pagane) credono in divinità che poco si occupano delle faccende umane, a patto che i fedeli le venerino e ottemperino alle offerte rituali.
Quando sono nate le grandi religioni moralizzatrici? Che rapporto hanno con la nascita di società complesse e ben organizzate? Ne sono la causa, o la conseguenza?
Attento, ti vedo. A lungo si è pensato che la presenza di dèi vigili sulla correttezza dell'operato umano fosse una prerogativa necessaria per lo sviluppo di società su larga scala. In una piccola comunità dove tutti si conoscono, un comportamento scorretto e poco cooperativo è praticamente impossibile da non notare; ma quando le maglie delle conoscenze si fanno più larghe, e si ha più spesso a che fare con estranei, un atteggiamento antisociale può essere più difficile da rilevare. Per facilitare la cooperazione, serviva un "sistema di sorveglianza": e che cosa c'è di più efficace di un occhio che veglia dall'alto?
Prima l'uovo o la gallina? Ora però uno studio internazionale pubblicato su Nature contraddice questa diffusa teoria. Contrariamente a quanto immaginato finora, è più probabile che le grandi divinità moralizzatrici siano un prodotto, e non una delle cause delle società complesse. Gli scienziati dell'Università del Connecticut e del Complexity Science Hub di Vienna hanno utilizzato, per studiare un tema così sfuggente, un ampio database sulla storia delle civiltà umane chiamato Seshat (la dea egizia della scrittura, del calcolo e della geometria), che comprende circa 300.000 voci sulla complessità sociale, la religione e altre caratteristiche di 500 civiltà del passato, sviluppatesi in 10.000 anni di storia.
Che cosa ci mantiene uniti? «Da secoli ci si chiede perché gli umani, diversamente da altri animali, cooperino in grandi gruppi di individui geneticamente non correlati», spiega Peter Turchin, direttore del database. Come "collanti" sono stati proposti nel tempo fattori come l'agricoltura, la guerra o - appunto - la religione. In ricerche di questo tipo, Seshat è estremamente utile, perché contiene dati sulle pratiche religiose e sulla complessità sociale di centinaia di civiltà dal Neolitico ad oggi.
La complessità sociale si deduce da alcune caratteristiche come la popolazione, l'estensione territoriale, la raffinatezza delle istituzioni governative e dei sistemi di informazione. I dati sulle religioni includono invece la fede in divinità sovrannaturali che rappresentino i concetti di lealtà e onestà, nonché la frequenza e la standardizzazione di rituali collettivi.
un tratto ricorrente. Gli scienziati hanno analizzato dati su 414 società in 30 regioni del mondo: praticamente in tutte, le divinità moralizzatrici sono venute dopo l'aumento della complessità sociale, e non prima. La fede in entità sovrannaturali capaci di giudicare e punire è comparsa soltanto dopo la transizione da società semplici a complesse, quando la popolazione di ciascuna superò il milione di individui.
Al contrario, i rituali "regolari" e standardizzati, come l'istituzione di un giorno settimanale dedicato alla preghiera collettiva, si sono sviluppati centinaia di anni prima delle grandi divinità moralizzatrici. L'ipotesi è che questi riti di gruppo abbiano agito da collanti dell'identità collettiva, dando alle popolazioni un senso di appartenenza a una realtà più grande, e portando a un comportamento più cooperativo.