Il programma dei giochi era a base di sangue e violenza, e durava una giornata intera, dall'alba al tramonto. I piatti forti erano tre: le venationes (cacce e lotte tra animali o tra uomini e bestie), la messa a morte dei condannati e, nel pomeriggio, la gara dei gladiatori. Il tutto era preceduto da un gran clamore, fin da diversi giorni prima.
Scommettiamo? L'arrivo in città dei gladiatori era annunciato dal battage pubblicitario e l'organizzatore dei giochi (l'imperatore o un magistrato), la sera prima dell'esibizione nell'arena, offriva una cena aperta a tutti: era l'occasione per vedere i combattenti da vicino, valutarne la prestanza fisica e farsi un'idea in vista delle scommesse.


Il giorno dopo i cittadini si recavano sugli spalti. All'ingresso ognuno riceveva un contrassegno in legno, osso o piombo con l'indicazione del proprio posto (il Colosseo aveva una capacità di oltre 50 mila posti). L'ingresso era gratuito: i senatori stavano nelle prime file insieme alle vestali (sacerdotesse consacrate a Vesta, dea del focolare domestico), dietro di loro i cavalieri (gli equites) e poi tutti gli altri, fino ad arrivare alle piccionaie riservate agli schiavi e ai non cittadini.
In pompa magna. Entrati gli spettatori iniziava la processione solenne: l'organizzatore dei giochi avanzava preceduto dai littori (i portatori delle insegne del potere). Lo accompagnavano suonatori, inservienti che leggevano al pubblico il programma dello spettacolo e aiutanti che portavano le armi dei gladiatori, elmi e scudi.
Seguiva la probatio armorum, la verifica della funzionalità delle armi. Infine entravano i protagonisti: prima i gladiatori professionisti, poi i condannati a morte. Solo quando l'organizzatore prendeva posto nel pulpito i giochi potevano avere inizio.


All'ultimo sangue. La mattina era dedicata alle venationes: la caccia e l'uccisione di animali selvatici e la lotta all'ultimo sangue tra loro e gli uomini. Era un momento molto partecipato dal pubblico, che amava l'esposizione di animali rari, la ricostruzione di paesaggi esotici sullo sfondo e la perizia dei cacciatori che a piedi o a cavallo affrontavano tigri e leoni.
Non è chiaro però dove fossero tenute le bestie prima di uscire nell'arena. I sotterranei del Colosseo non erano sufficienti a contenere le centinaia di animali coinvolti nelle venationes. Secondo un'ipotesi erano radunati in una caserma poco distante dal Colosseo: da lì raggiungevano l'anfiteatro passando per un apposito corridoio.
A pranzo col morto. Conclusa la grande caccia, la temperatura saliva.
Dopo che gli addetti avevano rimosso carcasse ed eventuali cadaveri della venatio e spruzzato acqua e zafferano nell'aria per depurare l'ambiente, si passava infatti alla fase più cruenta: le esecuzioni, intervallate da gare di atletica e intermezzi comici.


A venire uccisi erano sia cittadini romani, sia stranieri o schiavi. Per i primi la fine era veloce e avveniva con un colpo di spada. Gli altri invece potevano essere condannati al supplizio della croce (crucifixio), essere bruciati vivi (ad flammas) o gettati in pasto alle fiere (ad bestias).
Sugli spalti, intanto, c'era chi iniziava a prepararsi per il pranzo: qualcuno faceva una puntatina nelle taverne vicine, ma la maggior parte degli spettatori preferiva approfittare del cibo offerto dagli organizzatori, improvvisando una grigliata sulle gradinate.


Il prezzo di un uomo. Il momento più atteso della giornata però erano i combattimenti tra gladiatori. I duelli si svolgevano di norma in un unico tempo e proseguivano finché un atleta non si arrendeva o moriva.
Il pubblico svolgeva un ruolo fondamentale: si schierava per questo o quel gladiatore e l'organizzatore dei giochi - che decideva la sorte dello sconfitto - doveva tenerne conto.
L'eventuale morte del gladiatore, incideva sul costo dei giochi: in quel caso l'organizzatore doveva infatti versare al lanista (il proprietario del gladiatore) il valore intero del combattente, non solo l'ingaggio. Sul finire del II secolo l'ingaggio di un gladiatore alle prime armi costava circa mille sesterzi, ma se si voleva un nome che attirasse le folle bisognava essere pronti a sborsarne fino a 15 mila per ogni esibizione, che si stimano equivalenti a quasi 24.000 euro).
Le premiazioni. Le sfide si concludevano con le premiazioni: i vincitori ricevevano una foglia di palma e denaro. Oppure una ghirlanda o una corona d'oro, o pietre preziose: premi alla mano, il gladiatore faceva un giro d'onore nell'arena. Agli spettatori non restava che ritirare il souvenir offerto dallo sponsor: monete, generi alimentari o tessere che davano diritto al ritiro di altri beni. Pronti a ricominciare tutto daccapo alla prima occasione.