Storia

Tutto quello che nel Medioevo si faceva in camera da letto (oltre a dormire)

Nel Medioevo, poveri, ricchi e re avevano una cosa in comune: la stanza da letto multitasking dove si svolgeva la vita quotidiana: si cucinava, si ricevevano gli ospiti e si organizzavano omicidi.

Ssst.... Silenzio, stiamo per entrare in un'epoca molto lontana dalla nostra, il Medioevo, la cosidetta Età di mezzo. E ci entriamo per capire cosa raccontano i letti della vita di quel tempo, perché statene sicuri, avranno molto da dirci. Erano nella stanza più importante della casa, quella con il camino, non venivano usati solo di notte, come facciamo noi, ed erano un indicatore della condizione economica della famiglia. Sorpresi?

tutti insieme nel lettone. Iniziamo con il chiarire che i talami di donne e uomini medievali erano più corti e più larghi dei nostri. Misuravano meno in lunghezza soprattutto perché si coricavano semiseduti, il busto e la testa sorretti da alti cuscini, e non del tutto sdraiati. Si trattava di una posizione che favoriva la digestione e scongiurava gli spiacevoli effetti del reflusso gastroesofageo (come lo chiamiamo oggi), di cui molti soffrivano per le cattive diete alimentari.


Quanto alla larghezza, il discorso è tutt'altro. All'epoca era molto raro che qualcuno dormisse da solo. Sotto le stesse coltri si trovavano moglie e marito, figli e a volte persino ospiti di riguardo. Un esempio? Nel XIV secolo, il letto di Francesco Datini, ricco mercante di Prato, e di sua moglie Margherita aveva una larghezza di 3,50 m: una vera piazza d'armi. Il giaciglio condiviso accomunava figli o figlie, i servi nelle case abbienti, talvolta i monaci, gli ospiti delle locande (lì si arrivava fino a sei ospiti per letto, soprattutto nelle grandi città). Persino negli ospedali i ricoverati dormivano assieme!

Nudi, ma con la cuffia. Se alzassimo le coltri domestiche di uomini e donne dell'Età di mezzo scopriremmo che «dormivano tutti nudi, anche i moribondi e gli ammalati per liberarsi il più possibile dell'importuna compagnia di pulci e altri insetti», scrive la medievista Chiara Frugoni nel suo saggio A letto nel Medioevo. Come e con chi (il Mulino), «gettando poi di solito gli abiti su un bastone teso tra le pareti, ben lontano anche dai topi». Lo attestano le fonti letterarie e le miniature del tempo: sotto le lenzuola non veniva indossato proprio niente. Mentre era di rigore una cuffia in testa, un copricapo di stoffa bianco, e non per moda o per vezzo.

Di notte il camino di casa, che si trovava solo in camera da letto, veniva spento con cura come tutte le candele: il rischio di incendi era forte.

Per difendersi dalla morsa del freddo notturno ci volevano allora non solo la cuffia, ma anche calde pellicce e strati di coperte stesi sopra le lenzuola praticamente in ogni stagione, come in un eterno inverno. Nel Medioevo, infatti, «patire il freddo doveva essere una sensazione fortemente interiorizzata», scrive Chiara Frugoni. «Dai serramenti approssimativi delle finestre entravano gli spifferi che penetravano anche fra gli interstizi delle travi di legno del soffitto. Il sistema di riscaldamento era insufficiente. Il camino, si sa, dà calore solo a chi gli sta molto vicino e per tirare bene ha bisogno della corrente d'aria di una porta o di una finestra socchiuse».

Umidità e muffa. Un altro nemico da combattere era poi l'umidità: le case avevano pavimenti in terra battuta, i mattoni si trovavano solo attorno al focolare e poco più in là, per evitare pericolosi tizzoni. I letti erano quindi issati su spesse pedane di legno, che isolavano dal nudo impiantito, sopra i quali stavano materassi imbottiti di lana o piuma d'oca. Per i più abbienti, ovviamente: i poveri dormivano invece su una nuda stuoia e umili pagliericci e di solito non indossavano neppure la cuffia sulla testa. Vista la situazione, si può capire quanto fossero importanti il tepore del talamo e la testa ben riparata per poter riposare tranquilli nel Medioevo. Tanto che la buona moglie, come scrivono alcune cronache del tempo, doveva preoccuparsi di preparare non solo una buona cena per il marito, ma anche il "giaciglio" coniugale caldo e sistemargli per bene la cuffia sulla testa.

Altro particolare importante: ai tempi delle cattedrali le camere da letto erano multitasking. Ovvero non ci si limitava a usarle per coricarsi. Erano molto frequentate anche di giorno per pranzare, ricevere visite, fare giochi di società, studiare. In pratica la camera da letto faceva le veci del nostro soggiorno.

camera da pranzo. Molto spesso nelle stanze dai larghi lettoni si approfittava del camino per cucinare stando al caldo. Proprio per questo vi si trovavano nicchie nel muro, con mensole e acquai, alte credenze con piatti, bicchieri e brocche. Per mangiare ci si appoggiava a un cassone (in cui si mettevano i vestiti o altri oggetti) oppure si usavano tavoli smontabili, semplici assi appoggiate su cavalletti che finito il pasto si appoggiavano verticalmente al muro. Anche le panche su cui ci si sedeva avevano per schienali assi smontabili: tolta la tavola da pranzo si potevano staccare e rimontare sui perni laterali in modo da invertire la seduta e potersi sedere davanti al fuoco per godere del tepore non solo sulla schiena.

Ricevimento degli ospiti. Per ricevere visite, poi, la stanza da letto era il luogo ideale, sia per il calore offerto dal fuoco (irrinunciabile) sia per la morbidezza dei cuscini posti sulle panche o sui cassoni, antenati dei nostri divani. Ovviamente tutto dipendeva molto dalla condizione economica dei padroni di casa: più si saliva nella scala sociale, più la camera era confortevole, dotata di rotoli, cuscini rivestiti di stoffe preziose, fragranze che coprivano il lezzo delle strade. E adatta anche a ospiti importanti. Così un invito in camera da letto per giocare a scacchi o avere conversazioni private non risultava affatto equivoco come sembrerebbe oggi. Ricevere le persone di giorno nella stanza del talamo era pratica normale, non solo dopo un parto, una malattia o un decesso. Anzi, a volte vi si trattavano questioni importanti.

Il letto di giustizia del re. Basti pensare che Carlo VI di Valois (1368-1422) aveva l'abitudine di ricevere i suoi consiglieri semisdraiato sul suo sontuoso letto regale, tutto rivestito, dalle cortine alle coperte al baldacchino, di tessuto colorato di blu intenso (un pigmento costosissimo, che solo i re potevano permettersi), istoriato con i gigli simbolo della monarchia d'Oltralpe. «Nel XV secolo in terra francese i grandi processi si celebravano in un ambiente allestito appositamente, chiamato lit de justice, letto di giustizia. Il re, all'interno di un luogo recintato, sedeva su un trono sopraelevato, sormontato da un baldacchino e circondato da tappezzerie che evocavano il letto», scrive ancora Chiara Frugoni. Nella stanza destinata alle udienze e alle cerimonie ufficiali c'era inoltre un letto particolarmente lussuoso, il cosiddetto "letto da parata", che doveva impressionare i visitatori. Quello di Carlo V di Valois (sul trono dal 1338-1380) misurava circa 40 metri quadrati!

intrighi e omicidi. Il talamo, insomma, era un chiaro indicatore sociale. A conti fatti, il rilievo dato alla magnificenza del letto nei romans come Lancillotto del Lago (inizi XIII secolo), nelle trecentesche novelle di Boccaccio e in tante altre fonti letterarie, rivela che era di gran lunga il mobile più importante e più confortevole della casa medievale. Non è quindi un caso se alcuni di quei giacigli potrebbero raccontare di intrighi, tranelli, amori legittimi e proibiti, omicidi e trattative segrete. 

Questo articolo è tratto da Focus Storia. Perché non ti abboni?

8 ottobre 2023 Irene Merli
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