Oltre la caduta del muro di Berlino: i muri che dividono il mondo
Il 13 agosto 1961 fu costruito il Muro di Berlino. Sarebbe stato abbattuto il 9 novembre 1989, data entrata nella storia che segnò nel modo più spettacolare la fine del dopoguerra, dando il via alla riunificazione della Germania. Considerato l'emblema stesso della cortina di ferro, ossia la linea di confine che durante la Guerra Fredda divideva non solo Berlino e la Germania, ma l'intera Europa tra la zona di influenza sovietica e quella di influenza statunitense, il "Muro della vergogna" è universalmente riconosciuto simbolo indelebile della storia mondiale. Voluto dal regime comunista della Germania dell'Est per arginare l'imponente flusso migratorio che dal 1949 aveva portato oltre 2 milioni di tedeschi dell'est a trasferirsi nella zona occidentale, il muro venne costruito la mattina del 13 agosto 1961. La frontiera di 155 km che divideva in due la città era fortificata da due barriere parallele di cemento armato separate dalla cosiddetta "striscia della morte": larga alcune decine di metri e circondata da filo spinato alimentato con corrente ad alta tensione, nel corso degli anni è stata più volte disseminata di mine antiuomo. Degli oltre 100.000 cittadini residenti a Berlino Est che durante i 28 anni di divisione della città hanno cercato di fuggire, almeno 136 sono morti nel tentativo di superarla. Quel che resta oggi del Muro di Berlino - i tratti di cemento armato ricoperti di murales, la Porta di Brandeburgo, il Check Point Charlie e i numerosi luoghi della memoria - è diventato un simbolo indelebile di quegli anni drammatici, richiamando ogni anno migliaia di turisti.
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La costruzione di muri e muraglie a scopo difensivo risale alla notte dei tempi, quando per proteggere il proprio popolo e territorio da possibili invasori gli imperatori facevano innalzare grandi barriere di pietra che arginassero gli eserciti nemici. Per magnificenza, grandezza e età la muraglia difensiva per antonomasia è la Grande Muraglia Cinese, una gigantesca costruzione in muratura realizzata nel III secolo a.C. sotto il regno di Chin Shih-Huang-Ti con l'obiettivo di proteggere i confini settentrionali del regno dalle tribù mongole e collegare tra loro una serie di fortezze.Il muro più lungo del mondo corre dal golfo di Liao-Tung fino al Tibet, delineando il confine settentrionale della Cina con un'altezza variabile dai 4,5 ai 12 metri, mentre la larghezza raggiunge i 9,5 metri. Ma quanto è lungo? Anni fa si riteneva fosse circa di 6.350 chilometri, ma misurazioni più accurate ottenute nel 2009 utilizzando tecnologie più avanzate (gps, raggi infrarossi) spostarono la cifra a 8.851,8 chilometri, qualcosa come 2500 chilometri in più rispetto a quelli stimati in precedenza. Ma non è finita: le misurazioni del 2012 stimano che questo immenso serpentone di pietra sia lungo addirittura 21.196,18 km, più o meno la distanza tra l'Italia e la Nuova Zelanda.
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Tra i muri che hanno segnato la storia antica ricordiamo il Vallo di Adriano, una fortificazione in pietra costruita nella prima metà del II secolo d.C. per volere dell'imperatore Adriano con l'obiettivo di difendere il confine settentrionale dell'Impero Romano in Britannia. Lunga 173 chilometri, alta 5 metri e larga 3, la fortificazione si estendeva da Wallsend-on-Tyne, sul mare del Nord vicino a Newcastle, a Bowness on Solway, sul mare d'Irlanda, dividendo di fatto l'isola in due parti. Trasformatosi nei secoli da imponente muraglia difensiva ad attrazione turistica - la principale dell'Inghilterra settentrionale - il Roman Wall (muraglia romana) ha resistito fino ai giorni nostri: una buona parte del vallo, in particolare quella centrale, è infatti ancora oggi visibile e per un lungo tratto il muro, che dal 1987 è stato dichiarato dall'UNESCO patrimonio dell'umanità, può essere costeggiato a piedi.
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Cosa sarebbe Belfast senza i suoi muri? Barriere di cemento e mattoni, in lamiera, semplici palizzate o staccionate, con o senza filo di ferro: sono le Peace Lines dell'Irlanda del Nord, le barriere costruiti a partire dagli anni Settanta che ancora oggi tengono divise le comunità cattoliche da quelle protestanti. E che nessuno ha intenzione di abbattere. Mentre in altre parti del mondo intere comunità manifestano per eliminare i cosiddetti "muri della vergogna", a Belfast non solo nessuno pensa di toccare i muri esistenti ritenuti indispensabili dalla maggior parte della popolazione, ma addirittura si continuano ad allungare, alzare e a farne di nuovi, decorati con sempre più grandi e colorati murales. Dai 26 degli anni '70, all'apice dei "Troubles" - la fase più accesa dello scontro tra le due comunità - oggi si contano più di 88 strutture permanenti, delle quali oltre la metà attraversa Belfast. Sono numerosi i varchi che di giorno sono regolarmente aperti, ma quando scende la sera i check point tra i due settori vengono chiusi dalla polizia, anche se per quell'ora tutti sono già rientrati nella propria area di appartenenza. Perchè nessuno ci tiene a rimanere "dall'altra parte".
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Da un lato la ricca San Diego, in California, dall'altro la polverosa città messicana di Tijuana. Nel mezzo una barriera di acciaio alta 3 metri e lunga 22 chilometri, equipaggiata con sensori elettronici, torri radar, telecamere a infrarossi per la visione notturna, illuminazione ad altissima intensità, sismografi che rilevano il movimento, filo spinato oltre a un sistema di vigilanza permanente con veicoli ed elicotteri armati. Questa imponente barriera di sicurezza tra Stati Uniti e Messico, chiamata dagli americani “Muro messicano” e dai messicani “Muro della vergogna”, vede le sue origini nel 1994 quando alcune città frontaliere di California, Arizona, Texas e Nuovo Messico ne edificarono i primi tratti per arginare l'immigrazione clandestina proveniente dal Sudamerica. Oggi, dei 3.140 chilometri di confine tra l'Oceano Pacifico della California e il Golfo del Messico del Texas, circa 1.100 sono protetti da questa barriera di sicurezza che si estende non solo nelle aree urbane più vulnerabili, ma anche nel deserto e addirittura in mare. Mentre i risultati in termine di immigrazione clandestina, di lotta al narcotraffico e di terrorismo si fanno attendere, sono sempre di più i sudamericani disperati disposti a rischiare la vita pur di attraversare la frontiera ed entrare negli Stati Uniti.
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Non tutti i muri che dividono il mondo sono imponenti e super-tecnologici, anche una semplice barricata di bidoni, sacchi di sabbia, filo spinato e pezzi di muratura può diventare una barriera insormontabile dalle fondamenta estremamente solide, tanto da tenere un'intera isola in stallo da quasi 40 anni.
A seguito dell'invasione turca del 1974, Cipro è divisa in due dalla cosiddetta “linea verde”, una zona cuscinetto demilitarizzata controllata dai caschi blu delle Nazioni Unite che separa la Repubblica di Cipro dalla Repubblica Turca di Cipro, ancor oggi occupata dai militari turchi. I 180 chilometri di muro che tagliano l'isola da est a ovest passando per la capitale Nicosia sono di fatto controllati solo dai turco-ciprioti in quanto i ciprioti greci non riconoscono questa frontiera, così come l'intera comunità internazionale non riconosce la Repubblica Turca di Cipro, eccezion fatta per il governo di Ankara. Ed è proprio a Cipro che per la prima volta venne coniato il termine “linea verde”. Era il 1964 quando il generale Peter Young, comandante delle forze britanniche in forza sull'isola, con una matita verde tracciò sulla mappa di Nicosia una linea per separare i quartieri greci da quelli turchi, già da allora artefici di gravi scontri. Da allora il termine «linea verde» è entrato nell'uso comune per definire il confine provvisorio che separa due parti in conflitto. Nel 2003 vennero aperti per la prima volta alcuni varchi per consentire il passaggio da una parte all'altra dell'isola, ma è solo del 2008 la simbolica apertura di una porta proprio nel centro storico della capitale Nicosia, da Ledra Street a Lokmaci Street nella parte turca.
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Non solo Cipro. Le antiche ferite ancora aperte tra Grecia e Turchia sfociano in un'ingombrante barriera di fossati e doppio filo spinato che allontanaancora di più i due Paesi dalla strada del dialogo. Un vero e proprio muro anti-immigrati sul confine greco-turco lungo le rive del fiume Evros (Maric in turco), voluto dal governo di Atene per arginare l'ondata di clandestini provenienti dalla Turchia e diretti in tutta Europa. La muraglia greca, di cui il primo si estende per 150 chilometri e comprende anche un fossato lungo 120 chilometri, largo 30 metri e profondo 7, pieno d'acqua.
1000 anni di storia europea in 3 minuti e mezzo: guarda come si sono spostati i confini delle nazioni del Vecchio continente in questo filmato in time-lapse.
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Sei metri di filo spinato separano l'Africa dall'Europa. Da oltre mezzo millennio, Ceuta e Melilla sono infatti due enclave spagnole in territorio marocchino, la prima in posizione strategica affacciata sullo Stretto di Gibilterra e l'altra sulla costa orientale del Marocco. Per le migliaia di persone in fuga da guerre, fame e miseria che affliggono il continente africano, le due città costituiscono la tanto agognata porta africana per entrare in Europa. Proprio per bloccare i flussi di immigrazione clandestina, alla fine degli anni '90 le barriere già esistenti sono state sostituite con una doppia recinzione elettrificata di filo spinato che abbraccia ciascuna città separandola di fatto dal resto del Marocco. Lungo 8 chilometri a Ceuta e 12 a Melilla, con due file separate di reticolato all'interno delle quali corre una strada pattugliata giorno e notte e vigilata da speciali sensori elettronici e telecamere a infrarossi, il muro metallico è alto più di 6 metri di altezza.
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Pur non trattandosi di un vero e proprio “muro”, dopo quello di Berlino la barriera del 38° parallelo tra Corea del Nord e Corea del Sud è uno degli sbarramenti più tristemente famosi in tutto il mondo. Quella che in origine segnava la linea di separazione tra le zone di occupazione sovietica e americana in Corea, nel 1948 la linea del 38° parallelo diventò di fatto il nuovo confine tra le neonate nazioni coreane del Nord e del Sud, una striscia di terra lunga 246 che divide 122 villaggi, 240 strade, ferrovie, fiumi e milioni di famiglie. Ultimo residuo tangibile della guerra fredda, il confine tra i due Paesi è a sua volta protetto dalla “Zona Demilitarizzata Coreana”, un serpentone largo 2 chilometri che si estende entro i confini delle due nazioni. Nonostante il nome, è riconosciuta come il confine più armato del mondo. Lungo questa terra di nessuno disseminata di mine, delimitata da alte barriere di filo spinato e sorvegliata da oltre 1.000 posti di guardia, circa 2 milioni di soldati con armamenti convenzionali e nucleari si fronteggiano da oltre mezzo secolo, in una condizione di costante cessate-il-fuoco.
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Al contrario che a Berlino o a Cipro, a Baghdad in Iraq non esiste “il” muro, ma anzi sembra che muri e barriere di cemento rappresentino l'arredo urbano più in voga: muri intorno alle moschee, agli alberghi, agli ospedali, alle ville-fortino, muri lungo il fiume, muri che separano le due carreggiate delle strade per contenere i danni in caso di auto kamikaze, muri che dividono sunniti e sciiti. Ai resti di quelli costruiti ai tempi della dittatura che circondavano i palazzi del Rais, progressivamente si sono aggiunti i muri voluti dagli americani e dai loro alleati, a partire da quello che circonda la “zona verde”, l'area fortificata che ospita le sedi delle istituzioni irachene e l'ambasciata USA. La conformazione dei muri di Baghdad nel corso degli anni è cambiata, dividendo di fatto la città in 11 grandi quartieri-rifugio come quello di Adhamiya, roccaforte sunnita in riva al Tigri circondata da distretti sciiti, o quello di Sadr City, regno delle milizie sciite di Moqtada circondata da barriere di cemento alte 3 metri e mezzo innalzate in una sola notte all'indomani della caduta del regime di Saddam Hussein.
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Difficile credere che un muro di sabbia possa respingere e difendere quanto uno in cemento o reticolato, eppure il Muro marocchino dal 1982 divide in due il Sahara occidentale. Voluto da re Hassan per difendere il ricco territorio occupato dal Marocco a partire dal 1975 in cui si concentrano tutte le ricchezze sahariane (le miniere di minerali e fosfati, i giacimenti petroliferi e la pescosissima costa), il muro è composto da 8 distinte fortificazioni che si estendono per oltre 2.700 chilometri con un'altezza che varia da 1 a 30 metri. È una zona militare con bunker, fossati, radar e un sistema di allarme elettronico in grado di azionare automaticamente un'imponente potenza di fuoco con l'intervento dei blindati in caso di attacco da parte del Fronte Polisario. Tutto intorno, da ambedue le parti, un immenso campo minato che rientra nella macabra classifica dei dieci luoghi al mondo con la più alta concentrazione di mine antiuomo. La realizzazione del muro in sei tronconi successivi ridusse drasticamente le capacità offensive del Polisario, aprendo di fatto la via all'accettazione del piano di pace dell'Onu (1988) e alla tregua del 1991. Il popolo Saharawi, originario dei territori occupati dal Marocco, dopo aver combattuto una lunga guerra per la riconquista delle proprie terre, dal 1991 ha imboccato la strada della non violenza continuando a vivere in esilio nei campi profughi algerini.
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Una regione da dividere tra tre pretendenti è una questione delicata da sbrogliare, sia a livello diplomatico che militare. E quando i contendenti si chiamano Cina, India e Pakistan e il territorio è quello del Kashmir la situazione si fa drammatica. I confini attribuiti dalle Nazioni Unite non sono mai stati riconosciuti da nessuna delle parti in causa, che rivendicano ciascuna per sé l'intero territorio, tranne nel caso della Cina che si “accontenta” dell'area occupata. La storica rivalità tra India e Pakistan, che risale all'epoca coloniale quando nel 1947 l'Impero Britannico abbandonò le Indie e i due stati se ne ripartirono i possedimenti, ha causato negli anni la morte di centinaia di migliaia di persone (da 40.000 a 100.000 a seconda delle fonti). Ma non solo durante gli scontri: le innumerevoli mine indiane e pakistane piazzate lungo i 550 chilometri di filo spinato che segnano la “Line of Control” (LoC) tra lo stato indiano del Jammu e Kashmir e quello pakistano dell'Azad Kashmir mietono vittime ogni giorno. Al di fuori della regione del Kashmir, altri 3.300 chilometri di barriera metallica sormontata di filo spinato e pattugliata da guardie armate segnano il confine tra India e Pakistan. Ufficialmente l'obiettivo è sempre lo stesso, quello di contrastare l'immigrazione clandestina e frenare il terrorismo, i trafficanti di droga e i mercanti di armi.
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Nessun muro tra India e Bangladesh, ma un'interminabile barriera metallica corre lungo l'intero confine, uno sbarramento di ferro lungo 4.053 chilometri sormontato da filo spinato e pattugliato da guardie con l'ordine di sparare a vista. Iniziata 26 anni fa, la sua costruzione dovrebbe terminare quest'anno, con un costo finale di oltre un miliardo di dollari. Nonostante i rapporti un tempo amichevoli tra i due Paesi, per l'India questa barriera militarizzata e insanguinata, viene giustificata dalla necessità di protezione contro il terrorismo islamico, l'immigrazione illegale e le possibili ondate di profughi in caso di catastrofi naturali che coinvolgano il Bangladesh (peraltro sempre più probabili a causa dei cambiamenti climatici). Dal punto di vista dei bangladeshi, invece, quel confine di ferro e morte è creato per tenerli a debita distanza da quel loro vicino che protegge gelosamente la neo acquisita ricchezza, anche col sangue.
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Tra tanti i muri eretti per segnare confini, divisioni, vecchie cicatrici o ferite aperte ne esistono altri che anzichè dividere uniscono persone e popoli di razze, religioni, etnie e orientamenti politici diversi. Sono i muri della memoria, simboli necessari per ricordare un passato che non deve essere cancellato. Il più antico e celebrato è il Muro Occidentale o Muro del Pianto di Gerusalemme, da migliaia di anni il centro del mondo per le tre religioni monoteiste. Al cospetto di quel che resta del muro di cinta costruito da Erode il Grande intorno alla spianata sulla cima del Monte Moriah ebrei, cristiani e musulmani si ritrovano a pregare tutti insieme, anche se per ragioni diverse: per gli Ebrei rappresenta il punto più sacro della Terra in cui è possibile avvicinarsi a Dio come in nessun altro posto al mondo, per i Cristiani è il luogo dove sorge la Basilica del Santo Sepolcro di Cristo, mentre i Musulmani, che lo considerano sacro per il viaggio spirituale compiuto da Maometto sul cavallo alato al-Buraq a cui si deve il nome di "muro di al-Buraq", vengono a pregare nella spianata delle moschee, costruita sui resti dell'antico Tempio di Gerusalemme.
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